Essere donne e medici negli Stati Uniti
Da Elizabeth Blackwell ad oggi, il soffitto di cristallo è ancora intatto.
Elizabeth Blackwell provò terrore la prima volta che vide la sua insegnante portare l’occhio di un bue per una lezione di anatomia della visione. La vista del sangue la impressionava. Elizabeth era una ragazza assorta, solitaria, molto religiosa, studiosa e curiosa. Inglese di nascita, statunitense di adozione, veniva da una famiglia dalle idee abolizioniste, liberali, con un padre che non ostacolò mai le ambizioni delle figlie, in un tempo in cui questo non era così comune. Ebbe addirittura la possibilità di ricevere un’educazione migliore delle sue coetanee, lavorando per i primi anni dell’età adulta come insegnante di musica e tutrice privata.
Un giorno un’amica di Elizabeth, Mary Donaldson, si ammalò e questa durante una visita a casa le disse:
Hai passione per lo studio, tempo libero e godi di buona salute; perché non studiare medicina? Se fossi stata curata da una dottoressa, non avrei patito le peggiori sofferenze.
Quella ragazza con nessun interesse per la medicina, ma curiosa e ambiziosa, si trova dunque a fare una scelta che non solo avrebbe condizionato la sua vita, ma avrebbe rivoluzionato la medicina statunitense.
Questa è la storia di Elizabeth Blackwell, la prima donna a laurearsi in medicina ed esercitare come medico negli Stati Uniti.
Non arrendersi ai no
Elizabeth, non ha neanche senso provarci. Non potrai mai essere ammessa a queste scuole. Dovresti andare a Parigi e travestirti da ragazzo per guadagnare la conoscenza necessaria.
Immaginate essere una donna con l’ambizione a diventare un medico nella prima metà dell’Ottocento negli Stati Uniti. Per le donne non era impossibile accedere alle professioni sanitarie come quella dell’infermiera, poiché si credeva che le doti di cura e conforto del paziente fossero capacità puramente “femminili”. In questo contesto, Elizabeth iniziò a inviare domande su domande di ammissione alle scuole di medicina migliori del Paese, ricevendo nient’altro che no. Nel frattempo, lavorava come insegnante, per mettere da parte quei tremila dollari necessari ai suoi studi.
Dopo una valanga di rifiuti, quasi per scherzo, arrivò un sì dal Geneva Medical College di New York, dove entrò ufficialmente nel 1847.
Il pregiudizio, il sessismo e la misoginia accompagnarono Elizabeth per tutta la sua permanenza all’università, nonostante i suoi risultati accademici eccelsi. Abbastanza noto fu il caso della sua quasi esclusione da una lezione di anatomia dell’apparato riproduttivo perché il Professore riteneva l’argomento troppo “rozzo” per la «sensibilità delicata di una signora».
Nulla fermò Elizabeth, che il 23 gennaio 1849 divenne la prima donna negli Stati Uniti con una laurea in medicina in mano, salutata con rispetto dal Dottor Charles Lee, all’epoca direttore di facoltà. La sua tesi di laurea sulla febbre tifoide fu pubblicata sul Buffalo Medical Journal, il primo articolo medico pubblicato da una donna negli Stati Uniti.
Una vita per le donne
Il mio lavoro è senza dubbio destinato a pochi. È un'opera tra le connessioni sottese all'umanità, ed è perciò difficilmente apprezzato dalla massa.
Elizabeth aveva sfondato la porta con perseveranza e dedizione e non si fermò di certo lì: la sua carriera di medico proseguì, incontrando sempre difficoltà e pregiudizi, ma mai vere e proprie battute d’arresto.
Dopo un periodo ad esercitare nel Regno Unito e il ritorno negli Stati Uniti fondò nel 1857 con la sorella Emily, anch’ella medico, e la dottoressa di origine polacca Marie Zakrzewska il New York Infirmary for Women and Children, con una missione in mente: rendere possibile l’accesso alla professione medica alle donne, in una struttura gestita da esse, e formare un corpo organizzato di infermiere.
Incredibile – e ovviamente ostacolato da uomini – fu lo sforzo delle sorelle Blackwell nel contesto della Guerra Civile Americana dalla parte dell’Unione, nell’organizzare infermiere specializzate da mettere sul campo e riunite nel Woman's Central Relief Association (WCRA).
A guerra conclusa, Elizabeth Blackwell continuò a dividersi tra la sua terra natia e gli Stati Uniti, non smettendo di esercitare e pubblicare, almeno fino al 1907, quando rimase impossibilitata a lavorare a causa di un incidente. Morì nel 1910, a 89 anni, senza essersi mai sposata e con una figlia adottiva.
Tuttavia, la sua eredità e la sua figura hanno aperto la strada per migliaia di donne. Un autore, D.K., commentando la laurea di Elizabeth in una lettera all’editore del Boston Medical and Surgical Journal scrisse: «… poiché questo è il primo caso del genere che è stato perpetrato in Europa o in America, spero, per l'onore dell'umanità, che sarà l'ultimo».
Mai la speranza di un uomo fu così sbagliata.
L’eredità, fino ad oggi
Lo studio della natura umana da parte delle donne così come degli uomini porterebbe alla nascita di una nuova era di speranza e intelligente cooperazione tra i due sessi, e solo attraverso questa, un reale progresso può essere raggiunto ed assicurato.
Elizabeth Blackwell fu la prima e altre dopo di lei la seguirono, affrontando la stessa pressione e forza opprimente di pregiudizi e sessismo, non facendosi schiacciare.
Mary Walker, prima donna chirurgo della storia degli Stati Uniti e prima in assoluto ad essere arruolata nell’esercito americano come medico da campo: accadeva durante la Guerra Civile, dalla parte unionista. Poi ancora, Rebecca Lee Crumpler: non solo donna, ma afroamericana, la prima che nel 1864 ottenne una laurea presso il New England Female Medical College, dedicando la sua vita a curare gli ultimi.
Fe Del Mundo, prima donna ad essere ammessa alla Harvard Medical School nel 1936. Mildred Jefferson, la prima donna afroamericana a laurearsi sempre ad Harvard nel 1951. Sono solo alcune specialiste che hanno portato sulle spalle un’eredità enorme, consegnando un futuro migliore per le donne nella professione medica negli Stati Uniti. Migliore, ma non ancora perfetto.
La presenza femminile in medicina negli Stati Uniti è decisamente aumentata negli anni: dal 5,5 percento della fine del diciannovesimo secolo, fino al 2019, in cui le donne erano oltre un terzo del totale dei medici statunitensi. Le donne hanno, inoltre, superato gli uomini nelle iscrizioni alle facoltà di medicina. Tra le specialità più gettonate troviamo pediatria, ostetricia e ginecologia, psichiatria infantile e medicina di famiglia. Tra quelle in cui le donne sono ancora una minoranza, urologia, pneumologia, chirurgia generale e chirurgia ortopedica.
Un problema che però affligge le specialiste americane è l’abbandono della professione o il taglio delle ore dedicate a essa. La pandemia ha esacerbato una situazione già esistente, in cui esse si vedono costrette a rinunciare alla carriera o diminuire il carico principalmente per la cura della famiglia e dei figli e la gestione della casa, tendenza non condivisa dai colleghi uomini.
Senza contare che il compenso di una donna medico è più basso di quello di un collega uomo, a parità di competenze, risultando essere il 25% in meno.
Le donne fronteggiano ancora numerose difficoltà nell’ambiente medico sanitario, e questa è una verità purtroppo certa. Discriminazione, mancanza di rispetto, svalutazione delle competenze: in alcuni istituti si è iniziato a specificare la professione sulle targhette dei camici per evitare che i pazienti, le famiglie e i colleghi diano per scontato che le donne in corsia non siano medici. Inoltre, le donne ai vertici degli istituti, degli ospedali, nelle università o in posizione di leadership sono ancora troppo poche, un po’ per una selezione inesistente, un po’ per la serie di ostacoli che si parano davanti alla carriera.
Il cammino intrapreso da Elizabeth Blackwell non è ancora finito, la strada è tracciata, ma ancora in salita. Il soffitto di cristallo ha delle crepe, tuttavia deve ancora essere rotto del tutto e lo sforzo è di tutta la società medico scientifica americana, proprio come la stessa Dottoressa Blackwell aveva predetto più di centocinquanta anni fa: «Se la società non ammette il libero sviluppo della donna, allora la società deve essere rimodellata».