Fantasmi senza diritto alla salute
Promesse disattese e disparità nell'accesso alla sanità delle popolazioni native americane
Lo scorso giugno Lauren Eberly, Professoressa Assistente in medicina cardiovascolare alla Penn Medicine, raccontava sul Los Angeles Times di un suo paziente cardiopatico (residente a Diné Bikéyah, una delle più vaste riserve Navajo del New Mexico) che, nonostante la necessità di ossigenoterapia dopo un arresto cardiaco, era costretto a vivere nella sua auto e rubare l’elettricità di nascosto in un parcheggio di un Walmart per ricaricare il suo concentratore di ossigeno per poter sopravvivere. L’uomo aveva bisogno già da un anno di un’operazione per inserire un bypass aortocoronarico, ma a causa della mancanza di denaro per pagare la benzina per l’auto, la distanza dell’ospedale e la difficoltà a comunicare via telefono nulla è stato fatto. Sembra una storia di margini troppo estrema; eppure, come ricorda la stessa Professoressa Eberly nel suo articolo, è più comune di quel che sembra.
Ai margini
I nativi americani e dell’Alaska – a differenza di altre minoranze etniche – hanno diritto ai servizi sanitari garantiti per legge dal governo federale a partire dallo Snyder Act del 1921 fino all’Indian Health Care Improvement Act del 1978, che sono andati a costituire l’agenzia che oggi si chiama Indian Health Service (IHS)[1], che si occupa dell’adempimento di quest’obbligo fiduciario di fornire i servizi sanitari alle nazioni native. Nonostante ciò, sono la minoranza etnica più svantaggiata dal punto di vista sanitario su tutto il territorio statunitense, con una minore aspettativa di vita e una più alta mortalità. Secondo i Centers For Disease Control and Prevention (CDC), solo nel 2021 i nativi americani hanno registrato un calo dell’aspettativa di vita di 1,9 anni, arrivando a 65,2 anni – lo stesso numero dell’intera popolazione americana nel 1944. Per quanto riguarda la mortalità, i nativi continuano a morire a tassi più elevati rispetto agli altri americani a causa di malattie cardiovascolari, malattie epatiche croniche, cirrosi, diabete mellito, malattie croniche delle vie respiratorie basse, tumori ma anche ferite non intenzionali, crimini violenti, autolesionismo e suicidio.
Le donne native sono ancora di più un gruppo tremendamente marginalizzato a livello sanitario. Secondo KFF, i tassi di mortalità correlata alla gravidanza delle donne native americane e dell’Alaska è tre volte superiore a quello delle donne bianche, triste primato che condividono con le donne nere. Inoltre, le donne native americane hanno tassi altissimi di diagnosi e mortalità per tumori rispetto a quelle di altri gruppi etnici negli Stati Uniti: tra le neoplasie maligne più frequenti, quella al seno, al fegato, all’intestino e al colon-retto.
Le popolazioni native statunitensi hanno sofferto particolarmente la pandemia di COVID-19. Già l’influenza spagnola (H1N1) ha avuto una mortalità per i nativi quattro volte superiore a quella della popolazione generale, ma anche l’influenza stagionale e le polmoniti mietono più vittime rispetto agli altri gruppi etnici. Il COVID-19 ha investito le comunità tribali come uno tsunami, facendo un numero di morti altissimo: tutte le disparità e i problemi sono stati un accelerante in un fuoco che già bruciava da tempo. Nonostante gli sforzi dell’IHS e delle comunità tribali locali, anche per procurarsi disperatamente i vaccini per proteggere la popolazione, i danni sono stati drammatici. La pandemia da COVID-19 ha inoltre lasciato un segno importante sulla salute mentale di molte persone appartenenti alle comunità native, con un aumento di problemi emozionali e, addirittura, di abuso di sostanze[2].
Disparità e promesse disattese
La situazione di disparità è palese. Le cause devono andare a cercarsi in una qualità di vita generalmente inferiore, maggiori avversità economiche, cattive condizioni sociali, ma soprattutto in una discriminazione nella fornitura dei servizi sanitari. A questo va ad accompagnarsi una scarsa istruzione, un senso generale di sfiducia e talvolta le differenze culturali. Inoltre, ci sono pochissimi studi sul tema e altrettanti ricercatori e medici di origine nativa che possano aiutare le comunità ad allocare le risorse per provvedere a una sanità comunitaria[3] all’interno delle riserve, anche se ovviamente qualche eccezione c’è. La scarsa allocazione di risorse del governo federale, infine, non aiuta per niente un miglioramento della situazione. L’Indian Health Service riceve pochissimi fondi, a differenza ad esempio dei programmi per la sanità e la salute dei veterani. Le stime ci parlano di un range che va dai 3000 ai 5000 dollari a paziente per l’IHS, contro gli 8000-13000 a paziente in Medicaid, Medicare e i carcerati. Spesso, nonostante i pazienti nativi delle riserve abbiano una copertura sanitaria, questi non ricevono le cure necessarie per mancanza di personale e di strutture. Per chi vive al di fuori delle riserve, la situazione è ancora più drammatica.
Secondo alcuni studiosi tale drammaticità è radicata e ancorata in un passato di spostamenti forzati, discriminazioni, ingiustizie e marginalizzazione[4]. Risulta ironico, amaramente, in quanto molte popolazioni native americane sono state appunto costrette ad abbandonare le proprie terre in passato con la promessa di ricevere accesso alla sanità, istruzione e altre garanzie. Promesse dunque disattese e tradite, nonostante quest’estate la Corte Suprema abbia riconosciuto 5 a 4 che il governo federale abbia sottofinanziato le tribù native che amministrano i propri programmi sanitari per trent’anni e che dovrà impegnarsi a pagare in più in futuro. Una piccola vittoria, se si pensa che tra i favorevoli ci sia il giudice della Corte Suprema Neil Gorsuch, un conservatore appuntato da Donald Trump nel 2017, ma considerato uno dei più grandi sostenitori dei diritti delle popolazioni native americane.
Ancora non basta. Si stanno impiegando tantissime strategie per migliorare la situazione, specialmente quella disperata dell’accesso alle cure, anche tramite programmi di telemedicina[5], lavoro nelle comunità anche con l’impiego di elementi culturali, filosofici e sociali tipici di ogni realtà tribale per migliorare il modo di mangiare, fare esercizio, sostegno contro l’abuso di alcol o dipendenze e ridurre l’incidenza di malattie croniche e sistemiche. La risposta, per ora, pare essere all’interno delle comunità stesse.
L’uomo Navajo cardiopatico costretto a vivere in auto, scrive sempre Eberly, è riuscito a salvarsi e ricevere il suo bypass grazie a un programma locale di telemedicina e alla sua équipe che si è impegnata a portarlo in ospedale. È una storia a lieto fine, ma i numeri ci dicono che è solo una piccola luce nel buio dell’indifferenza. Una luce che può splendere perché qualcuno dal basso ha fatto qualcosa, mentre chi dovrebbe pensarci ha la testa girata altrove.
[1] National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine; Health and Medicine Division; Board on population health and public health practice; committee on community-based solutions to promote health equity in the United States; Baciu A, Negussie Y, Geller A, et al., editors. Communities in Action: Pathways to Health Equity. Washington (DC): National Academies Press (US); 2017 Jan 11. Appendix A, Native American Health: Historical and Legal Context. Available at: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK425854/.
[2] Haskins C, Noonan C, MacLehose R, Buchwald D, Manson SM. COVID-19 pandemic effects on emotional health and substance use among urban American Indian and Alaska Native people. J Psychosom Res. 2023; 172:111424. doi: 10.1016/j.jpsychores.2023.111424
[3] Carroll, S. R., Suina, M., Jäger, M. B., Black, J., Cornell, S., Gonzales, A. A., Jorgensen, M., Palmanteer-Holder, N. L., De La Rosa, J. S., & Teufel-Shone, N. I. (2022). Reclaiming Indigenous Health in the US: Moving beyond the Social Determinants of Health. International Journal of Environmental Research and Public Health, 19(12), 7495. https://doi.org/10.3390/ijerph19127495
[4] Ehrenpreis JE, Ehrenpreis ED. A Historical Perspective of Healthcare Disparity and Infectious Disease in the Native American Population. Am J Med Sci. 2022;363(4):288-294. doi: 10.1016/j.amjms.2022.01.005
[5] Eberly LA, Tennison A, Mays D, et al. Telephone-Based Guideline-Directed Medical Therapy Optimization in Navajo Nation: The Hózhó Randomized Clinical Trial. JAMA Intern Med. 2024;184(6):681–690. doi:10.1001/jamainternmed.2024.1523