Il fallimento della Tav californiana
Storia di un progetto colossale, diventato negli anni una voragine di denaro pubblico che tuttora divide i Democratici locali.
La cultura statunitense è nota per il suo automobile-centrismo. Si stima che un automobilista americano percorra in media circa ventiduemila chilometri di strada all’anno, compiendo l’85% del tragitto quotidiano casa-lavoro in macchina.
Un’abitudine che comporta diversi costi socioeconomici e ambientali: le emissioni derivanti dal trasporto sulla ruota contribuiscono al 27% del totale di CO2 rilasciata ogni anno negli USA. Complice di questa dipendenza è la scarsità di collegamenti ferroviari e la pressoché totale assenza di collegamenti ad alta velocità: la linea più rapida del carrier nazionale Amtrak rimane il cosiddetto corridoio Acela sulla costa nord-est, la cui velocità massima è di duecentocinquanta km/h, cinquanta in meno rispetto al nostrano Frecciarossa.
Una mancanza che già in pieni anni Novanta viene avvertita dalla California, sempre all’avanguardia in materia di iniziative green e sensibilità per l’ambiente. Tuttavia, l’ambizioso progetto di una ferrovia AV che permetta i Californiani di muoversi velocemente tra i principali centri abitati dello Stato non è mai realmente decollato.
La California High-Speed Rail Authority nasce nel 1996 per volontà dell’assemblea statale, controllata dal Partito Democratico. I tempi tecnici per preparare un referendum per approvare i piani della neonata CHSRA la costringono però a posporre le sue attività per più di dieci anni, fino a quando nel 2008 gli elettori californiani votano a favore della Proposition 1A che destina circa dieci miliardi di dollari al budget dell’autorità ferroviaria.
Il progetto iniziale per la rete alta velocità californiana prevede il collegamento delle città di Anaheim, Los Angeles e San Francisco passando per le pianure della Central Valley, per un totale di quasi ottocento quaranta chilometri di ferrovia. La data di completamento dei lavori viene fissata per il 2029.
I primi ritardi sopraggiungono a causa del lungo processo di approvazione tecnica dei piani di costruzione iniziali, che prevedono un corridoio di cinquantuno chilometri dalla contea di Madera a Fresno. Completare queste procedure e il processo di assegnazione degli appalti di costruzione ritardano la messa in posa dei primi binari al 6 gennaio 2015. Tuttavia, anche questa modesta sezione ferroviaria incorre rapidamente in problemi burocratici, determinati dall’intricato processo di acquisizione di terre private dove edificare i tratti della ferrovia.
Per accelerare, lo Stato californiano inizia a fare anche uso dello strumento giuridico dell’eminent domain, paragonabile all’espropriazione per pubblica utilità. Le pratiche adoperate per facilitare la costruzione della ferrovia diventano rapidamente controverse, anche a causa del mancato risarcimento delle terre espropriate.
Il progetto inizia ad accumulare una pessima nomea quando le prime valutazioni sul budget necessario vengono rese pubbliche: da una stima iniziale di trentatré miliardi nel 2008, il costo finale della ferrovia venne rivalutato a sessantotto miliardi nel 2012, fino a raggiungere la somma monstre di centocinque miliardi di dollari nel 2021, all’indomani dell’ultimazione del tratto relativamente breve tra Madera e Fresno.
La California si trova più volte in difficoltà anche a reperire i fondi annuali, vincolata dalla Proposition 1A a una somma fissa di dieci miliardi in bond del tesoro statale e potendo accedere a pochissimi sussidi del governo federale. Come più volte recriminato da diversi think tank conservatori, la California High-Speed Rail fallisce completamente nel suo obiettivo di attrarre investitori del settore privato.
Quello che rischia di essere l’atto finale nella lunga e difficoltosa storia dell’alta velocità californiana inizia però nel 2022: il governatore democratico Gavin Newsom annuncia una drammatica riduzione del progetto, eliminando i piani di estensione della linea verso Sacramento e San Diego, e accantonando momentaneamente l’idea di collegare San Francisco e Los Angeles.
Nella visione realista di Newsom, l’alta velocità californiana si limiterebbe quindi a un tratto di 275 chilometri tra Merced e Bakersfield nel cuore della Central Valley, un taglio che ha subito aperto uno scontro politico tra il governatore e la parte più progressista della legislatura statale, che sperava fortemente di dotare le principali città dello stato con un moderno e veloce sistema di trasporto pubblico.
La sfortunata storia dell'alta velocità californiana è un ammonimento per gli aspiranti riformatori del trasporto pubblico negli Stati Uniti: un ambiente profondamente diverso da quello centralizzato europeo, dove i diritti di proprietà possono rapidamente rivelarsi un solido ostacolo ai piani di sviluppo e dove il controllo pubblico sulla sostenibilità fiscale dei progetti pubblici è fondamentale, richiede un approccio diverso e non ideologico. Anche l'ambiziosa riforma infrastrutturale bipartisan varata dall’ amministrazione Biden ha fissato obiettivi relativamente modesti per l'espansione delle ferrovie ad alta velocità, concentrandosi per lo più sul miglioramento del sistema Acela già esistente.
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