Evan McMullin, l'ultimo repubblicano
In Utah a scombinare i piani dei repubblicani ci pensa un indipendente sostenuto dai democratici e che piace ai moderati: Evan McMullin.
Tutti ridono di lui, sarebbe un disastro per questo Stato – non potete permettervi di avere due senatori tutti e due così in un colpo solo!
Donald Trump
Con questa battuta Donald Trump confermava cinque mesi fa il proprio appoggio alla candidatura del Repubblicano “neo-trumpiano”, Mike Lee, alla rielezione per uno dei due seggi senatoriali dello Utah. L’altro senatore in carica è il Repubblicano anti-trumpiano Mitt Romney, ed è proprio a lui che si riferiva parlando di «tutti e due». Quasi come se Trump volesse dire: ne avete già uno che fa schifo, non vorrete mica fare l’en plein.
Il “secondo” candidato – l’altro, lo spauracchio – da non eleggere, quello del quale «tutti ridono» è Evan McMullin, ex Repubblicano ed ex agente della CIA, che aveva già concorso come indipendente (cioè fuori dai due grandi partiti) alle presidenziali del 2016 con esiti pietosi (meno dell’1% a livello nazionale). Ora si è caparbiamente candidato di nuovo, sempre da indipendente, ma stavolta per il Senato, alle elezioni di metà mandato del prossimo novembre. Siamo davanti quella che Politico ha definito la disfida elettorale per il Senato più strana d’America.
In effetti le bizzarrie si sprecano: a cominciare dal fatto che nel 2016 Mike Lee era talmente anti-trumpiano (a differenza di oggi) che disse di aver votato proprio McMullin alle presidenziali. Per puro caso, oggi è il suo avversario politico. Questo episodio bizzarro, nel suo piccolo, ci svela qualcosa sul percorso della destra americana in questi anni: molti si sono totalmente adattati a Trump.
Di conseguenza, essa non è più la stessa di prima. Come insegnò Darwin, l’adattamento produce evoluzione della specie. La candidatura di McMullin è tutta costruita sul rifiuto di questa idea, ossiache non ci si debba adattare a Trump, e che siamo davanti a una involuzione piuttosto che una evoluzione, e che esistono ancora delle alternative.
Le bizzarrie, tuttavia, continuano. Anche il fatto che i Democratici abbiano deciso di non presentare un proprio candidato, e di appoggiare invece McMullin, è abbastanza sorprendente: non per il fatto in sé, trattandosi lo Utah di uno stato con una consistenza presenza di mormoni, che ha fatto sì che i Dem non toccassero palla da quasi mezzo secolo, (ma piuttosto alla luce della promessa di McMullin di rimanere indipendente qualora eletto. Questo significherebbenon prendere parte al caucus democratico, quindi al loro gruppo parlamentare.
In fin dei conti è strano anche che l’unico tentativo di boicottare “da destra” l’ondata trumpiana alle midterm si stia giocando proprio lì, in uno degli stati più conservatori, e non in uno swing state con una candidatura centrista, come ci si sarebbe potuti aspettare.
Nel 2016 McMullin, pur avendo preso lo “zero virgola”, aveva superato il 20% nel “suo” Utah; poiché il Senato è – e potrebbe continuare ad essere – diviso a metà tra Democratici e Repubblicani, ogni singolo senatore potrebbe fare la differenza.
Tuttavia, la sua candidatura potrebbe finire per confermare, più che smentire, il perdurante dominio di Trump sul Partito Repubblicano. Se, come ai più appare probabile, McMullin perderà, la sua sconfitta confermerà che la resistenza degli irredentisti è limitata a uno sparuto pulviscolo dal quale non può uscire nulla più di qualche impresa di protesta e di testimonianza; se invece dovesse farcela, la sua vittoria, per quanto eclatante, potrebbe essere sminuita e imputata al fatto che, in effetti, i mormoni ce l’hanno veramente a morte con Trump.
Mormoni a parte, il punto rimane sul fatto che il resto dell’America che non ama votare a sinistra, non la penserà più o meno come Mike Lee?
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