Essere visionari non è una scusa: il caso Elizabeth Holmes e Theranos
Quanto la storia di Theranos, autentico Icaro della Silicon Valley, ha da insegnare alle società di health tech.
Espressione seria, maglioncino a collo alto nero, tra il pollice e l’indice una piccola capsula: così, Elizabeth Holmes, classe 1984 e famigerata fondatrice di Theranos, la sua compagnia specializzata in alta tecnologia in campo medico, compariva sulla copertina di Forbes 400 del 2014, la nota lista dei più ricchi d’America dell’anno. Un’istantanea in bianco e nero che a colpo d’occhio ci urla Silicon Valley, la zona a sud della Baia di San Francisco, la capitale mondiale del tech e dell’innovazione.
Elizabeth Holmes e Theranos hanno fatto la storia della Silicon Valley, ma non scrivendone una delle pagine più virtuose. Al contrario, sono i protagonisti della più grande truffa della “valle di silicio”, che ha aperto un enorme vaso di Pandora su quelle che sono le concessioni e i limiti nella corsa sfrenata all’innovazione in campo medico e diagnostico.
Si è già detto e scritto molto sul personaggio di Elizabeth Holmes e la sua innata capacità di attrarre investimenti e persone molto influenti del mondo politico, imprenditoriale e militare, da George Shultz, Segretario di Stato dell’amministrazione Reagan (che in Theranos ricopriva il ruolo di membro del consiglio d’amministrazione) fino a Henry Kissinger, che non ha bisogno di presentazioni. Un po’ meno si riflette su quello che sta dietro la truffa di Theranos, prendendo dentro considerazioni etiche e scientifiche che è assolutamente necessario fare in un mondo in costante corsa all’ultima tecnologia ed innovazione a 360°.
Chi ha paura degli aghi?
È risaputo che nella storia della Silicon Valley, le grandi imprese del tech nascono da una visione: basti pensare al garage di Hewlett e Packard, i fondatori di HP, o alla storia del ben più noto Steve Jobs. Elizabeth Holmes descriveva il sogno di una democratizzazione del sistema sanitario americano che, come sappiamo, è nettamente diverso da quello pubblico a cui siamo abituati, attraverso una delle cose più semplici in assoluto: rendere l’analisi del sangue, uno dei check up diagnostici più comuni, accessibile a tutti e a costi molto bassi.
Oltre a ciò, Holmes - a detta di molte sue interviste - soffre terribilmente di belonefobia, la paura persistente e incontrollata di aghi, spilli, coltelli e forbici, una fobia estremamente comune. Questo le ha dato l’idea di lavorare, ancora studentessa di ingegneria chimica alla Stanford University, su un sistema di analisi diagnostica che non preveda l’uso tradizionale di siringhe e prelievi di più provette di sangue. I suoi primi progetti riguardavano un cerotto in grado di testare con minuscole quantità di sangue alcune malattie infettive e, pure, dosare gli antibiotici.
Da questa base, dopo aver lasciato l’università nel 2003 – come altri geni della Silicon Valley prima di lei - Holmes fonda a soli 19 anni Real-Time Cures, cambiato poi in Theranos, l’unione - un po’ audace - dei termini therapy e diagnosis: terapia e diagnosi, due aspetti fondamentali del trattamento medico di una patologia.
L’innovazione proposta Theranos era dunque molto semplice, quanto accattivante: la società proponeva analisi del sangue facilmente attuabili tramite una semplice puntura sul dito, quindi raccogliendo volumi microscopici di sangue in una delle capsule sopracitata e mostrata nella celebre foto della Holmes, chiamata nanotainer, di soli 12,9 millimetri. I campioni sarebbero dovuti passare ad un macchinario diagnostico, una sorta di “mini laboratorio”, chiamato Edison in onore del celebre inventore, che doveva fornire velocemente i referti su una quantità enorme di esami diagnostici, circa 250: da test per il diabete, marker per il cancro, individuazione di anticorpi e infezioni virali e batteriche in corso. Rispetto ai macchinari classici di analisi del sangue, che sono ingombranti e “brutti”, Edison era un gioiellino piccolo e compatto, grande quanto un computer che, al suo interno, doveva fare tutto ciò che un tecnico di laboratorio fa nella vita reale.
Messa così, che siate addetti ai lavori o no, si sarebbe trattata di una vera e propria innovazione medico-diagnostica da togliere il fiato, quelle che si salutano con entusiasmo. Una cosa talmente bella e d’avanguardia che, per chi è un fan di Star Trek, ricorda l’immediatezza e la semplicità del tricorder, il dispositivo medico multifunzione in grado di fornire una dettagliata scansione del paziente senza nemmeno toccarlo, utilizzato proprio nella nota serie di fantascienza. Tuttavia, non era così.
Il mito di Icaro: il volo e l’inesorabile caduta
Dopo un periodo in quello che in gergo si chiama stealth mode, lo stato di segretezza assoluta e temporanea usato nel mondo del business per evitare di allertare i concorrenti sul lancio di un prodotto, e dopo aver attirato numerosi investimenti da milioni e milioni di dollari, Theranos uscì allo scoperto nel 2013 dopo aver concluso contratti con catene di farmacie come Walgreens per inserire anche il sistema di testing Edison nei loro negozi. Theranos vantava poi numerose partnership per studi clinici con grosse aziende farmaceutiche come Pfizer o GlaxoSmithKline, sperimentazioni condotte in collaborazione con l’esercito americano e, ovviamente, l’approvazione di FDA. Elizabeth Holmes iniziò a finire sotto le luci della ribalta: è giovane, è appassionata, carismatica, ed è una donna. In un mondo di Steve Jobs, Bill Gates, Elon Musk, la Silicon Valley la vede protagonista e leader assoluta, pronta a donare al mondo un’innovazione medica talmente rivoluzionaria, da cambiare per sempre i paradigmi del sistema di testing e trattamento di qualsiasi patologia.
Troppo bello per essere vero. La dolce favola di Theranos inizia a riempirsi di un sapore amaro quando, nel 2015, alcuni specialisti iniziano a far notare al mondo che non si trova alcuno studio peer-reviewed sull’effettiva capacità di Edison di condurre questi test di laboratorio. In un opinion paper del 2015, il biochimico canadese di origine greco-cipriota Eleftherios Diamandis analizzava molto precisamente il fenomeno di Theranos, alzando delle questioni di ordine etico e scientifico e definendo le affermazioni dell’azienda di Elizabeth Holmes come «esagerate».
I dubbi che la comunità scientifica iniziò a sollevare su Theranos innescano la famosa inchiesta del giornalista del Wall Street Journal John Carreyrou che, anche grazie ad un informatore – rivelatosi poi Tyler Shultz, nipote di George, e impiegato come biologo nella società – riuscì a smascherare Theranos, e provocare la caduta di Elizabeth Holmes, fino alla sua condanna per frode, arrivata a gennaio 2022.
Edison non funzionava: il macchinario, oltre a continuare a rompersi, dava dei risultati completamente sbagliati. L’amministrazione, che non contava nessun medico o specialista tra le sue fila, non si è mai preoccupata veramente di trovare una soluzione al problema. Elizabeth Holmes ha continuato a mentire, arrivando addirittura a portare l’allora Vice Presidente Joe Biden a visitare un finto laboratorio di Theranos. La società ha continuato a fare pressione sulle sempre più numerose inchieste che venivano condotte e sempre più ex dipendenti iniziavano ad uscire allo scoperto, denunciando l’inefficacia dei test e la condotta di Holmes nel tentare di nascondere il più possibile l’assurda verità. Anche FDA iniziò a volerci vedere più chiaro, conducendo un’ispezione che dichiararono i nanotainer come non validi e non approvati. L’unico device veramente approvato da FDA era il test di Theranos per l’individuazione del virus dell’herpes simplex (HSV-1). Il resto era tutto millantato.
Anche le collaborazioni e gli studi erano millantati. Addirittura, nel caso di FDA, era stata prodotta una serie di dati falsati in una truffa perfettamente messa a punto. Numerose testimonianze infatti hanno sottolineato che i microprelievi di Theranos venivano analizzati da altri macchinari, non da Edison, oppure che ai pazienti veniva fatto un normale prelievo endovenoso.
Elizabeth Holmes, tuttavia, non ha mai smesso di difendersi, urlando al complotto contro di lei e al suo genio, come non ha mai smesso di mentire, prendendo troppo alla lettera il «fake it till you make it», fingi finché non ce la fai, filosofia adottata nella Silicon Valley e che Theranos ha portato oltre il limite accettabile.
Una lezione da imparare
La medicina è un terreno molto florido di innovazione e raffinazione tecnologica. Quello che prima ottenevano in tempi lunghissimi, ora l’abbiamo in pochi decenni. L’implementazione di alta tecnologia nella ricerca biomedica ci sta conducendo verso vette che non pensavamo mai di vedere. I concetti di home monitoring, telemedicina, teleconsulto sono una realtà, specialmente dopo la pandemia.
Tuttavia la regola fondamentale è una sola da tenere in mente: con la medicina non si scherza e non si specula. La storia di Theranos, al di là delle considerazioni legate al mondo del business – che lascio agli addetti ai lavori – ci porta a fare una profonda riflessione su quanto la forma mentis proposta dal mondo della Silicon Valley e applicata alla perfezione da Elizabeth Holmes possa non essere etica quando si parla di ricerca medica.
Theranos era pericolosa per la salute dei pazienti. In primo luogo, perché delle diagnosi così errate mettono la salute delle persone in estremo pericolo. Immaginate a quanti non è stata diagnosticata una patologia occulta, o quanti invece con falsi positivi ricevevano cure non necessarie. In secondo luogo, i test di laboratorio sono condotti da personale specializzato, con particolari reagenti e con il giusto prelievo di campioni. Un campione così esiguo, come quello che Theranos millantava potesse essere sufficiente, era in realtà la prima fonte di errori nei referti, soprattutto nella richiesta di test multiparametrici e specifici. Inoltre, un auto-prelievo da una puntura sul dito non è detto sia in grado di ottenere un campione valido: come solleva Diamandis nella sua indagine sopracitata, se non si fa una puntura abbastanza profonda quello che si ottiene non è tanto sangue, quanto liquido interstiziale, assolutamente inutile per un’analisi di quella portata. Non in ultimo, i test diagnostici devono essere prima di tutto visionati e, talvolta prescritti, da uno specialista.
Theranos è a tutti gli effetti una quackery, una frode medica, di cui ho già parlato su Jefferson, solo che, a differenza dell’eccentrico venditore di olio di serpente o dell’elisir che scaccia tutti i malanni, qui c’era una CEO dall’aspetto esemplare, dalla storia appassionante e dall’entusiasmo fuori misura, un modello in perfetto stile «stay hungry, stay foolish» che ha patinato il mondo delle start up americane dell’epoca.
Tuttavia, la lezione che lascia Theranos ai posteri e alle future start up dell’health tech è quella di non mentire quando si hanno in mano milioni di vite, solo per attirare ingenti investimenti, e non vendere solo promesse allettanti. Theranos è un punto di svolta della Silicon Valley e degli sforzi nel trovare quella sensazionale scoperta tecnologica nel mondo della medicina. Il post-Theranos della Silicon Valley deve essere per l’innovazione medica quel mondo in cui l’idea deve accompagnarsi a solide basi scientifiche, dove l’entusiasmo e l’apparenza si presentano con il fattuale, e che possa davvero rendere il mondo migliore.
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