La lenta crisi delle mandorle californiane
Come la siccità sta trasformando il Golden State e la sua economia.
Temperature da record, scenari desertici, precipitazioni ai minimi storici: la fine dell’inverno, concretamente, si è già manifestata in tutta la sua drammaticità. L’anno che è appena trascorso è stato uno dei più aridi mai registrati e segna un nuovo record, essendo l’ultimo di un lungo periodo di siccità durato ventidue anni. Secondo una recente ricerca di Nature Climate Change, il nostro Pianeta non sperimentava temperature così elevate e precipitazioni così scarse da circa 1.200 anni; soprattutto in Occidente, gli attuali livelli di siccità sono ai massimi storici.
A parlare è ancora una volta la natura: dallo studio delle condizioni degli anelli degli alberi e dei legni conservati nelle riserve dei nativi americani è stato stimato che circa il 42% dell’aumento della siccità è da attribuire all’attività umana. Gli alberi ci forniscono infatti informazioni sui livelli di umidità registrati nel tempo. Temperature anomale e siccità si traducono in anelli molto sottili, segno che l’albero in questione ha utilizzato tutta la propria energia solamente per sopravvivere al caldo estremo. Più che in altri luoghi, lo studio dimostra che la potenza di questo fenomeno si è riversata soprattutto nel cuore degli Stati Uniti, nello stato più popoloso del Paese, la California.
Nel Golden State che da circa un ventennio vive una delle più gravi siccità mai registrate nell’America dell’Ovest, nel 2020, l’anno più secco dal 1924, sono stati registrati solo 30 centimetri di pioggia; praticamente, è come se non avesse mai piovuto per un anno intero. Il che ha portato terreni aridi, morte certa delle principali colture, pertanto del settore agricolo, e soprattutto un maggiore rischio di incendi. A essere maggiormente colpiti sono stati i produttori di mandorle, industria cruciale per l’economia della California che controlla l’80% della produzione globale.
In un mondo in cui la richiesta di derivati vegetali è in costante aumento, la produzione di mandorle è cresciuta moltissimo, segnando una vendita mondiale di circa 8,5 milioni di tonnellate solo nel 2020. Il latte di mandorla è una delle alternative vegetali al latte vaccino ma il suo impatto ambientale non deve essere sottovalutato. Generalmente i prodotti a base di mandorla, tra cui il latte, hanno un impatto minore sul Pianeta in termini di emissioni di gas climalteranti e utilizzano una quantità inferiore di terreno rispetto alle coltivazioni di soia, che – com’è noto – viene ampiamente impiegata come mangime negli allevamenti intensivi.
Da un’analisi di Our World in Data che confronta l’impatto delle tipologie di latte sull’uso della terra, lo sfruttamento delle risorse idriche, l’emissione di gas climalteranti e l’eutrofizzazione (il fenomeno per cui, a causa dell’attività agricola e, soprattutto, dell’uso dei fertilizzanti, le acque presentano una presenza eccessiva nitrati e/o fosfati), si evince quanto sia difficile operare una scelta realmente sostenibile tra le alternative al latte vaccino.
Dalla tabella risulta che il latte di mandorla (e quindi la produzione di mandorle, esclusi i processi di lavorazione per la realizzazione del prodotto finito) richiede una maggiore quantità di acqua rispetto alle sue alternative vegetali, mentre ha un impatto generalmente inferiore sulle altre dimensioni. Come è possibile allora che la maggior parte della produzione di quest’industria sia proprio concentrata in uno dei territori che più ha sofferto la crisi idrica globale e ha sperimentato una siccità senza precedenti negli ultimi vent’anni?
In linea con i dati raccolti da Our World in Data (e, è bene sottolinearlo, risalgono al 2013), uno studio più recente dedicato specificatamente all’impatto delle mandorle californiane sull’uso delle risorse idriche, evidenzia che in media per ogni mandorla prodotta vengono consumati circa 128 litri d’acqua; una cifra impressionante. Per il Golden State un numero del genere indica che la prioritaria produzione di mandorle assorbe gran parte del fabbisogno statale richiesto dal settore agricolo.
Una ricerca[1] in particolare si è poi concentrata sugli effetti dell’uso di acque sotterranee per la coltivazione di mandorle. Generalmente, per irrigare frutteti in superficie vengono utilizzati sistemi di irrigazione ad allagamento ma negli ultimi anni, a causa della siccità, gli agricoltori hanno dovuto ricorrere a metodi di estrazione di acque sotterranee, spesso cariche di sali minerali sedimentatesi nei secoli. Lo studio rivela che nei casi analizzati l’eccesso di sali minerali si è dimostrato nocivo per gli alberi, causando lo sviluppo di malattie e incrementando il loro rischio di mortalità.
Come tutti i cambiamenti, anche la grande siccità ha richiesto misure straordinarie. Tra queste la decisione del Federal Boreau of Reclamation che solo alcuni mesi fa aveva imposto un razionamento delle quote di distribuzione delle risorse idriche nell’ambito del Central Valley Project, progetto figlio del New Deal che negli anni ha portato alla creazione di un network di dighe, riserve, canali e centrali idroelettriche che in California si estendono per circa 640 chilometri. A dicembre, in mancanza di precipitazioni, lo Stato aveva deciso di fermare l’accesso alle risorse territoriali fino a data da destinarsi.
Sul sito governativo c’è una sezione dedicata al monitoraggio costante dei livelli di siccità, basta dare un’occhiata alle singole contee per capire subito la gravità delle attuali condizioni dello Stato, diviso tra zone con livelli di “estrema siccità” e “grave siccità”. D’altronde, è la nuova normalità per gli agricoltori e i produttori californiani e fare i conti con il ritorno della desertificazione vuol dire prendere atto di un fenomeno irreversibile e adattarsi. Negli anni, il dibattito sul cambiamento climatico ci ha insegnato che mitigazione e adattamento sono la chiave per la sopravvivenza futura dell’attività umana. Gli anni Venti del nostro millennio saranno il banco di prova di questa duplice strategia, eppure, limitare alcuni interessi e promuoverne altri potrebbe davvero fare la differenza.
Secondo Alexandra Nagy, direttrice della sezione californiana del Food & Water Watch, sarà necessario favorire lo sviluppo delle attività chi hanno investito in tecnologie sostenibili e impianti a ridotto impatto idrico, anche e soprattutto a scapito dei grandi produttori di monocolture. Mentre i prezzi di alcuni dei principali beni alimentari aumentano (è il caso del pomodoro, ad esempio), i medi e piccoli produttori che forniscono rispettivamente un terzo e due terzi dei prodotti vegetali e della frutta negli Stati Uniti stanno cercando di diversificare le proprie produzioni e addirittura progettano di abbandonare le rispettive proprietà per trasferirsi altrove e cercare nuove fortune.
Nell’era di Instagram e TikTok ci si imbatte ogni giorno in influencer e creatori di contenuti che si dedicano esclusivamente alla promozione di uno stile di vita sano e, nella maggior parte dei casi, basato su una dieta vegetariana o vegana. Il che, in linea generale, è un bene per noi stessi e per il pianeta che ci ospita. Non lo è sicuramente per quei luoghi dove sono state avviate produzioni intensive di monocolture, come nel caso delle mandorle in California, e per le quali la richiesta crescente a livello globale non tiene conto delle conseguenze negative che una produzione su larga scala comporta. Qui, dove la produzione media annuale si aggira intorno alle 1000 tonnellate, l’11% dei territori irrigati – lo riferisce il California Department of Food and Agriculture – è occupato da coltivazioni di mandorli.
Senza la pioggia e la neve che tipicamente ogni inverno fanno visita allo Stato del Sole, i californiani non avranno abbastanza acqua a disposizione. Quella che sembra piuttosto una remota profezia è invece l’amara realtà che sta mettendo alle strette un’industria intera e i migliaia di cittadini cui fornisce lavoro. L’eccezionale clima che per secoli il resto d’America le ha invidiato, per la California oggi è solo un lontano ricordo.
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[1] Il riferimento è uno studio condotto a gennaio 2022 dall’Agricultural Research Service del Dipartimento dell’agricoltura statunitense. Si veda: https://www.ars.usda.gov/news-events/news/research-news/2022/saltier-groundwater-does-long-lasting-damage-to-almonds-but-less-than-previously-feared/