Ladies and gentlemen, welcome onboard the Jefferson Bookplane, la rubrica di Jefferson sulla letteratura americana (ma restiamo umili).
Aspettando McCarthy
Avrete senz’altro letto che, il prossimo autunno, Cormac McCarthy, lo scrittore Premio Pulitzer, tornerà in libreria con due nuovi titoli: The Passenger e Stella Maris. E così, pensando che sono passati circa 16 anni dal suo ultimo romanzo, La Strada, pubblicato nel 2006, mi è tornata in mente una sua opera risalente più o meno allo stesso periodo, che si inserisce esattamente tra Non è un paese per vecchi e La Strada. Mi riferisco a Sunset Limited, romanzo in forma drammatica a due voci.
Il Bianco e il Nero
Due uomini, chiamati solo “Bianco” e “Nero”, per il colore della loro pelle, seduti a un tavolo sul quale è poggiata una vecchia Bibbia, che discutono dei massimi sistemi. Nella fattispecie, un professore universitario (Bianco) che ha tentato di suicidarsi, buttandosi sui binari del Sunset Limited e un ex carcerato cristiano evangelico (Nero) che prima l’ha salvato e poi lo ha invitato nel suo modesto appartamento newyorkese. Due universi contrapposti destinati a non incontrarsi mai?
Beh, a questa domanda non risponderò. Innanzitutto perché lo spoiler è da sempre nemico del bene e, in secondo luogo, perché non è poi così importante.
Cos’è il Sunset Limited
Appena si inizia a leggere questo breve ma potentissimo testo teatrale, non si comprende cosa sia veramente il Sunset Limited. Ebbene, è il nome del treno che collega New Orleans a Los Angeles, lo stesso treno che Bianco sperava potesse porre fine alla sua vita. Non solo. È di fatto il leitmotiv dell’intera opera. “Tramonto con limite” o “Tramonto che si ferma prima del limite”, un gioco evocativo che rimanda ad atmosfere e momenti fumosi, indefiniti, probabilmente come l’orario scelto da Bianco per suicidarsi, quegli istanti in cui non si capisce se è ancora notte o se è giorno. Eppure, fin dalle prime battute, il lettore ha a che fare con un linguaggio completamente diverso: nitido, crudo, che non lascia il minimo spazio all’incertezza.
BIANCO: «E comunque, chi è sempre pronto a occuparsi dei perfetti sconosciuti molto spesso non si occupa delle persone di cui dovrebbe occuparsi. Per come la vedo io. Se uno si limita a fare ciò che dovrebbe, non diventa un eroe.»
NERO: «E io sarei un tipo così.»
BIANCO: «Non lo so. È un tipo così?»
p. 4
Obiezione, Vostro Onore
NERO: «Allora che mi vuoi dire? Pensi che un angelone nero grande e grosso sia stato mandato giù dal cielo per acchiappare il tuo bel culetto bianco all’ultimo secondo e salvarti da una brutta fine?». Un incontro casuale, un salvataggio di cui Bianco non riesce a gioire, nonostante si renda conto della sua ingratitudine. Semplicemente, ha preso la sua decisione, non ha nulla per cui continuare a vivere. È un intellettuale, ha indagato il mondo, lo ha studiato, ha letto migliaia di libri ma quello che si presenta agli occhi di Nero è un uomo scollato dalla sua esistenza. E così, si confrontano le vite di chi è afflitto, scoprendo che tutto ciò in cui credeva è inutile, mutevole e destinato a finire e di chi invece non si limita a (soprav)vive. No, Nero è nella vita. Ne cerca l’essenza nel legame con Dio. E sebbene sia quasi inevitabile parteggiare emotivamente per il tentativo disperato (e talvolta esilarante) di Nero di trattenere a casa il professore per convincerlo a non farla finita, una parte di noi, non potrà non convenire che anche il professore, tutto sommato, ha le sue ragioni. Non è condannabile.
BIANCO: «Le cose che amavo un tempo erano molto fragili. Molto delicate. Ma io non lo sapevo. Pensavo che fossero indistruttibili. E mi sbagliavo.»
NERO: «Ed è questo che ti ha spinto a buttarti giù dal binario. Non una questione personale.»
BIANCO: «Ma è una questione personale. È proprio questo l’effetto dell’istruzione. Rende il mondo intero qualcosa di personale.»
p. 21
E l’obiezione di Nero è molto semplice: ma che senso ha essere così istruiti se poi non si trova un senso, non si vive per un ideale o per il prossimo?
Sembra che avere una cultura serva solo ad apparire eruditi, a costruire una facciata e non a scoprire l’amore per la vita. Se la cultura non rende più semplice e vera la nostra esistenza, se non ci rende più umani, allora tanto vale rinunciare a tutto, fuggire dalla realtà, una volta per tutte. Forse varrebbe la pena che il nostro sistema scolastico e universitario facesse un pensierino suquest’ultima riflessione.
In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio
BIANCO: «Lei pensa davvero che in questa stanza ci sia Gesù?»
NERO: «No. Non lo penso.»
BIANCO: «Ah no?»
NERO: «Lo so che c’è Gesù in questa stanza.»
p. 9
E poi c’è il tema della Fede, insieme alla presenza ingombrante della Bibbia, che ritorna ciclicamente negli scambi tra i protagonisti e che consente poi di toccare veramente ogni aspetto della vita. Tutto è ricompreso: Amicizia, Suicidio, Felicità, Cultura, Speranza, Morte, Libertà. E, immancabile, torna il simbolismo della Bibbia, al servizio delle azioni di Nero che cercano in tutti i modi di risvegliare Bianco dal suo torpore ostinato.
NERO: «Vediamo quando passa il prossimo treno.»
BIANCO: «Non ci trovo niente da ridere.»
NERO: «Menomale che dici così, professore. Perché non ci trovo niente da ridere manco io. È solo che ogni minuto che passa mi meraviglio di più. Ma possibile che non ti vedi, zuccherino? Sei trasparente come il vetro. Vedo le rotelline che ti girano dentro la testa. Gli ingranaggi. E vedo anche la luce. Una luce buona. Una luce vera. Tu non la vedi?»
p. 28
C’è il riferimento all’ultima cena, con il pasto preparato da Nero per trattenere il professore. C’è la continua contrapposizione tra bianco e nero, ovviamente, tra luce e tenebre che ricorda la simbologia del fuoco, che McCarthy inserisce sia ne La strada che in Non è un paese per vecchi.
La società allo specchio
Registri diversi, uno talvolta sgrammaticato (quello di Nero), l’altro fin troppo forbito, dato il contesto (quello del professore), ma entrambi ugualmente potenti e autentici nell’esprimere la propria Verità. Il risultato? Un’opera affascinante e travolgente che si divora in un massimo di due ore e che, alla fine, ci fa maledire il non essere in grado di recitare all’istante e a memoria ogni singola battuta di questo testo meraviglioso in cui tutto viene esplorato. Un confronto intimo, appassionato e brillante, un trionfo di umanità e di imperfezione. Il ritratto di una società che si guarda allo specchio e si scopre, con sgomento, dilaniata da se stessa e dai suoi stessi valori.
Tra spiragli di redenzione e abissi di desolazione, la verità appartiene a tutti. Siamo tutti colpevoli, siamo tutti innocenti. Siamo luci e ombre di questa grande umanità che si cerca e che forse non si è ancora davvero trovata.
BIANCO: «Se intende dire che questa per me è soltanto una giornata no, è ridicolo.»
NERO: «Non penso che la tua è una giornata no, professore. Penso che è una vita no.»
BIANCO: «Pensa che dovrei cambiare vita.»
NERO: «Che c’è, mi prendi per il culo?»
p. 34