«La calma prima della tempesta»
Una breve storia della teoria del complotto che sta scalando il Partito Repubblicano negli Stati Uniti.
«Vogliamo giocare ancora una volta?». Nella notte di venerdì 24 giugno 2022 gli utenti di 8kun (ex 8chan, uno dei più importanti forum dell’estrema destra americana) hanno trovato questo messaggio firmato dall’user Q. Sì, quel Q, scomparso – si credeva – definitivamente nel dicembre del 2020, memore di tanti anni trascorsi a fabbricare alcune delle storie più incredibili che la mente umana possa concepire. QAnon è tornato, ma ha forse perso l’entusiasmo di un lustro fa?
La sua missione – fare proselitismo – è stata portata a termine: raggiunto un certo numero di discepoli (in Italia sarebbero diverse migliaia, a giudicare dai canali e dalle chat di Telegram), mancava solo il Congresso, anche se gli stessi seguaci non hanno mai avuto dubbi sul sostegno del loro salvatore, l’ex presidente Donald Trump. È entrato perciò in parlamento, ma in punta di piedi – perché in fondo è un tabù –, nell’eterna attesa di qualcosa.
La dottrina
Un breve ripasso per chi non è ferrato con il tema di questo articolo: QAnon, dal nome dell’utente anonimo “Q”, è un insieme di teorie cospirazioniste secondo cui negli Stati Uniti esisterebbe uno Stato profondo che durante tutta la presidenza Trump si sarebbe impegnato a sabotare l’operato del capo della Casa Bianca.
L’ex Presidente sarebbe a conoscenza di questo piano (mosso da una cabala di politici ed élite democratiche accusate di pedofilia) contro di lui e la prospettiva è che un giorno Trump liberi, come il Messia, il Paese scatenando la tempesta, «the storm», termine derivato da un criptico discorso di Trump a margine di una cena con i militari.
Durante i primi mesi dell’amministrazione di Joe Biden, contestata e mai riconosciuta come legittima dai “qanonisti”, si è inoltre diffusa la falsa convinzione che Trump, rimasto comunque Il presidente, avesse ancora il controllo dell’esercito, con il quale avrebbe infine fatto piazza pulita e riconquistato il potere. QAnon si intreccia con l’altra grande teoria del complotto promossa in prima persona dal 45esimo Presidente, cioè la Big Lie, l’idea che l’elezione del suo successore sia arrivata illegalmente grazie a milioni di voti truccati. Da questa credenza è scaturita l’insurrezione al Campidoglio del 6 gennaio 2021, che per poco non annullò la certificazione dei risultati elettorali.
Infiltrati
Chi dei 535 uomini e donne che occupano gli scranni della House e del Senato è stato plagiato da QAnon? La camera alta si autoesclude da questo ragionamento, non essendoci neppure un senatore sospettato di avere dei legami. Alla Camera dei Rappresentanti, invece, qualcuno si distingue.
La deputata repubblicana del Colorado, Lauren Boebert, ha sempre negato di essere una seguace di QAnon, ma in passato non ha nascosto la sua ammirazione verso i membri di questa setta, affermando di «sperare» che quanto messo in giro fosse vero.
L’altra parlamentare repubblicana invischiata è Marjorie Taylor Greene, conosciuta dal grande pubblico internazionale durante la campagna elettorale del 2020 grazie a un surreale spot con protagoniste le armi e, neanche a farlo apposta, Trump. «Q? È un patriota» disse la deputata della Georgia in un video risalente al 2017. Da allora l’argomento è stato – saggiamente – toccato con molta più parsimonia se non addirittura con distacco. Boebert e Greene si dice che non vadano d’accordo tra di loro, malgrado una certa comunità d’intenti, ma ormai pare abbiano iniziato a curare il loro tornaconto a discapito di un impegno politico già di per sé alquanto fumoso.
Fatta salva questa presenza, che è più una simpatia che altro, nelle aule di Capitol Hill QAnon non ha mai avuto parecchio spazio, sciamano a parte. Quelli di Boebert e Greene sono infatti dei casi limite. È nel sottobosco delle elezioni locali (camere, senati e soprattutto consigli comunali) che questa teoria del complotto si è propagata con successo. E talvolta a farne parte sono persone con un passato nei gruppi estremisti di destra.
Mark Finchem, deputato statale dell’Arizona, è assurto agli onori delle cronache del suo Stato quando Trump annunciò il suo endorsement per la posizione di Segretario di Stato, la seconda carica più prestigiosa nel Grand Canyon State dopo quella di governatore (non esistono i vice, lì). Finchem, che va in giro con un cappello da cowboy e dei baffi foltissimi, vanta anche una parentesi tra gli Oath Keepers, un’organizzazione violenta di estrema destra.
Sempre in Arizona, forse il centro di gravità di QAnon, si distinguono il deputato Leo Biasiucci e i senatori Wendy Rogers e Sonny Borelli. Insieme a Finchem hanno tutti quanti partecipato alla “convention” di QAnon a Las Vegas lo scorso autunno (dopo la verifica dei voti nella contea di Maricopa richiesta dal GOP), imponendosi come uno dei vari collegamenti tra Q e le istituzioni.
Un altro esponente di primo piano è Michael Flynn, già generale e consigliere per la sicurezza nazionale di Trump dal 22 gennaio al 13 febbraio 2017, il più breve della storia. Con lui alla White House QAnon non era ancora dentro ai gangli della democrazia americana, ma qualcosa bolliva già in pentola.
Dopo le presidenziali del 2016, dunque un anno prima della comparsa di Q su 4chan, Flynn disse a Trump che la sua elezione era stata resa possibile da un «esercito di soldati digitali», espressione poi diventata marchio registrato a tutti gli effetti.
L’evoluzione da generale a complottista senza cappello di carta stagnola in testa è stata lenta fino a quando Joe Biden non si è avvicendato a Washington. Da quel preciso momento Flynn, nel frattempo sospeso da Twitter insieme a tantissimi altri “qanonisti”, è arrivato a chiedere a Trump di mobilitare l’esercito per ribaltare l’esito delle elezioni, mentre l’anno scorso ha pronunciato un bizzarro giuramento alternativo alla Pledge of Allegiance – da lui stesso registrato in un video successivamente pubblicato online –, che si concludeva con la frase: «Where we go one we go all», dove va uno, andiamo tutti, talvolta stilizzato nell’acronimo WWG1WGA, il motto di QAnon. Il Generale denunciò tutti per aver travisato quel filmato.
Tuttavia, nel frattempo si è scoperto che quella di Flynn sarebbe tutta una montatura, che l’ex Consigliere di Trump sarebbe consapevole dell’assurdità di QAnon, definita da lui «un’operazione di disinformazione» messa in campo dalla CIA per far apparire le persone come un branco di imbecilli. La fonte di questa telefonata sarebbe Lin Wood, un altro alleato di Trump nell’infausta battaglia contro la democrazia. Wood un tempo era uno stimato avvocato della Georgia: fu lui a difendere Richard Jewell nelle cause per diffamazione – poi vinte – contro i media americani.
Complottisti di domani
Oggi QAnon è ancora dirompente? Un sondaggio shock del 2021 rilevò che il 15% degli americani pensava che il potere negli USA fosse in mano a una cabala di pedofili satanisti, mentre secondo il 20% una «tempesta biblica» avrebbe spazzato via questi esseri maligni ristabilendo il potere legittimo.
Il terreno per guadagnare ulteriore fiducia nell’opinione pubblica è senz’altro fertile, perlomeno per quanto riguarda i repubblicani. Sempre secondo l’indagine del Public Religion Research Institute and the Interfaith Youth Core (PRRI), esiste una categoria di persone, chiamate «QAnon doubters» che non credono nelle rivelazioni scabrose di Q, ma non le escludono totalmente. Il 55% dei QAnon doubters sono elettori repubblicani. Una percentuale che scende al 21% tra i «QAnon rejecters», che negano completamente queste strampalate teorie del complotto.
Lo spazio da riempire, tanto nel dibattito quanto nel numero di seggi nelle assemblee, c’è. Non è vasto, ma ha un’allarmante potenziale di crescita. La prova che il neofascismo di QAnon dovrà superare sarà la normalizzazione. Perché una volta normalizzato, sarà irrecuperabile. Come il Partito Repubblicano.
I carteggi di Jefferson sono e rimarranno sempre gratuiti. Se vuoi sostenere il lavoro della redazione…