La Chiesa cattolica tra eredità del Concilio e i diritti LGBTQ+
La comunità LGBTQ+ si è trovata al centro di una battaglia dottrinale che ha come fine l'anima e il futuro del cattolicesimo
Jack Whalen, 26 anni, è un pilota texano dell’aeronautica militare americana. Scelta quasi obbligata la sua, insieme a quella dei suoi 3 fratelli e sorella, vista la carriera militare di entrambi i genitori. Nella sua crescita il culto per la carriera nelle Armed Forces è sempre stato accompagnato da una profonda educazione cattolica. Il suo coming out quindi fu un fulmine che andava a minare i fondamenti della sua vita famigliare, oltre che il suo futuro lavorativo.
Era il 2013, e pochi giorni dopo vide in tv un servizio sulla famosa risposta data in aereo da Bergoglio ad una domanda su una fantomatica lobby omosessuale in Vaticano. Riguardo “persone gay che cercano Dio, chi sono io per giudicare?”, disse il capo della Chiesa cattolica. Uno dei cambiamenti meno notati qui fu l’uso della parola gay, la prima volta per un Pontefice romano. Nella mente di un giovane gay cattolico queste parole insufficienti e fumose (confermano solo uno dei precetti del buon cristiano, il non giudicare, senza andare a mettere in discussione un catechismo umiliante e patologizzante), erano comunque rivoluzionarie. “È stato incredibile sentirlo” ha detto Whalen ad AmericaMagazine, un giornale di ispirazione gesuita, “la Chiesa non sta compiendo i passi che vorremmo, ma in quel momento stava aprendo una porta, permettendoci di intravedere un futuro per noi nell’istituzione”.
Papa Francesco e la comunità LGBTQ+
Sicuramente, in rottura rispetto al passato, negli ultimi dieci anni Francesco ha compiuto gesti e fatto dichiarazioni che sembrano segnalare almeno una timida apertura ad alcune parti della comunità LGBTQ+. Ad esempio, come ha riportato La Repubblica, con titolo discutibile, nell’aprile 2022 il Pontefice incontrò un gruppo di sex worker di Torvaianica, tra loro alcune donne trans. Ultimamente poi una nuova intervista ad Associated Press invitava la Chiesa a combattere contro la criminalizzazione dell’omosessualità. “Essere omosessuali non è un crimine” (anche se rimane un peccato, come dice più avanti).
Sono 67 i Paesi al mondo con leggi che puniscono le persone con orientamenti e identità di genere fuori dalla “norma” etero-cisgender. 11 quelli che puniscono l’omosessualità con la morte. Fin dall’inizio del pontificato di Francesco, associazioni e ONG hanno chiesto più volte che si esprimesse sul tema, visto che il supporto delle chiese locali a queste leggi, basato su una lettura violenta della bibbia e della dottrina, mette a rischio la vita di molte persone. Il suo intervento, almeno, è stato un passo nella giusta direzione. Allo stesso tempo le speranze che queste cosiddette aperture portassero a un cambiamento vero nel magistero della Chiesa sono state alquanto deluse. Dopotutto soprattutto riguardo l’identità di genere, durante i suoi 10 anni di pontificato Bergoglio ha continuato a parlare di minaccia gender , dando voce a posizioni senza fondamento che nutrono la violenza e la discriminazione di cui sono vittime persone trans e non binarie.
Il vero scopo del Papa
Tuttavia, come il Cardinale di Washington D.C. Wilton Gregory ha detto l’altro giorno a Georgetown, forse il fine dell’azione del Papa non è riformare davvero il catechismo. Il suo obiettivo in realtà sarebbe «mettere a disagio coloro che comodamente scelgono solo una dimensione della dottrina della Chiesa». Lo sguardo della Santa Sede, quindi, sarebbe rivolto verso l’interno di una comunità cattolica sempre più divisa, nel cercare di non farla diventare un club esclusivo di virtuosi, ma convincerla, citando Isaia, a “enlarge the space of your tent”, pur all’interno di certi paletti non negoziabili.
Proprio la frase di Isaia è lo slogan del processo sinodale di tre anni che il Vaticano ha aperto nel 2021, distaccandosi dalle vecchie modalità che prevedevano una semplice assemblea generale dei vescovi, programmando eventi che hanno fino ad ora coinvolto dalle singole parrocchie ad assemblee continentali, per poi arrivare a Roma.
Proprio commentando il processo sinodale in corso, il vescovo di San Diego, il cardinale Robert McElroy, ha scritto un saggio in cui identifica alcune delle maggiori sfide che il dialogo tra le varie anime della Chiesa dovrà risolvere, incluso il rapporto con la comunità LGBTQ+. Il punto di partenza sono proprio le parole di Francesco, “i vescovi devono andare incontro ad un processo di conversione, guidare con la compassione che dio ha per ognuno di noi”. Sembrano frasi scritte apposta per provocare forse la più grande spina nel fianco del pontificato dell’attuale Papa, la conferenza episcopale americana.
Come McElroy stesso sottolinea, soprattutto negli Stati Uniti è evidente la contraddizione tra il messaggio di inclusione incapsulato nello slogan del sinodo e la virulenta polarizzazione nella vita della Chiesa americana. Lo scisma tra le varie anime intrappola la comunità nel conflitto teologico e sociale tra chi aderisce ad uno spirito di inclusione e chi vede in questo un tradimento della dottrina.
La rottura nella Chiesa cattolica
Da molti giornalisti la sfida è stata descritta tra Pope Francis Catholics e St. John Paul II Catholics. Anche se risulta limitata come descrizione, porta all’attenzione come il vero tema di discussione soprattutto tra i vescovi americani, sia l’eredità del Concilio Vaticano II vista con la lente di due pontificati radicalmente diversi. La conferenza episcopale degli Stati Uniti lo scorso novembre ha mandato un messaggio molto chiaro a riguardo, eleggendo come presidente l’arcivescovo Timothy Broglio. Ex segretario personale di Angelo Sodano, Segretario di Stato di Woytila, e diplomatico, Broglio si è fatto conoscere negli ultimi anni per aver incolpato i preti omosessuali per gli abusi dei prelati sui minori e per aver supportato il diritto all’esenzione religiosa dal vaccino per il Covid-19.
A dimostrazione dello scontro che Francesco ha causato negli Stati Uniti, il saggio di Thomas Paprocki, vescovo di Springfield, Illinois, in cui accusa addirittura di eresia le sopracitate dichiarazioni di McElroy. “Non ci sarebbero state discussioni del genere sotto Giovanni Paolo II o Benedetto XVI, il Vaticano le avrebbe silenziate” dice il giornalista e frate gesuita Tom Reese al National Catholic Reporter. Bergoglio quindi, pur non portando avanti riforme reali nella dottrina, soprattutto riguardo la sessualità, sembra aver aperto le porte ad uno scontro a tratti virulento tra sinodalità e inclusività da una parte e conservatorismo preconciliare dall’altra, soprattutto negli Stati Uniti dove il divorzio con il Concilio Vaticano II è più profondo.
Il cattolicesimo nelle culture war americane
In tutto questo l’impressione è che la comunità LGBTQ+ sia finita in mezzo ad una partita più grande che ha come premio l’anima e il futuro dottrinale della Chiesa Cattolica. In questo contesto parte della chiesa statunitense ha deciso di combattere attivamente le attuali culture war, nel tentativo di fermare un cammino di rivendicazione e affermazione che fino a pochi anni fa sembrava inarrestabile. Una volta lontano dalle stanze del dibattito dottrinale e dai sinodi, l’effetto di questa offensiva reazionaria si abbatte sulle persone più marginalizzate della comunità LGBTQ+ e le loro famiglie. Se infatti i repubblicani hanno trasformato le persone trans e queer nel nuovo moral panic e emergenza nazionale, la chiesa cattolica non si è di certo tirata indietro, forte anche di molti decenni di esperienza.
Negli stessi stati in cui il GOP ha deciso di usare la legge per rendere la vita difficile soprattutto ai minori, le diocesi hanno lanciato l’offensiva nelle scuole. Sono ormai 34 le diocesi che hanno adottato nuove linee guida sul genere, le ultime a Des Moines, Iowa e Portland, Oregon. Se queste posso all’apparenza sembrare dei normali testi di commento, a Lafayette, Louisiana, una simile direttiva ha portato le scuole a impedire a persone trans e non binarie a di iscriversi con il proprio nome d’elezione o a vestirsi liberamente in accordanza con la propria identità di genere.
Iniziative da basso all’interno della comunità cattolica, come We Demand More o Catholic Families For Love hanno evidenziato come quelle linee guida non siano scritte in modo trasparente o basandosi su dati e verità scientifiche, ma su posizioni politiche che usano la severità della dottrina come strumento di repressione. “Non riesco ad immaginare come un minore che sta cercando di comprendere chi è si possa sentire” ha detto a NCR Julia Pick, preside di Omaha che si dimetterà a causa di una di questi documenti diocesani. A confermare le preoccupazioni delle associazioni di famiglie cattoliche, il Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie ha evidenziato come le persone transgender tra i 13 e i 24 anni siano a forte rischio di suicidio, con un tasso in continuo aumento negli ultimi anni. Uno studio simile del Trevor Project sottolinea che frequentare una scuola che rispetta l’identità di genere abbassi di molto il numero dei tentativi di suicidio.
Inoltre, il gruppo New Ways Ministry del Maryland, che lavora per una maggiore inclusione nella Chiesa, ha contato almeno 55 casi di persone, includendo insegnanti e dipendenti, cacciate da scuole cattoliche per motivi legati alla propria identità o orientamento negli ultimi anni, un numero tenuto basso dalla paura a denunciare.
“Queste persone non sono militanti, vogliono solo avere diritti equali e una vita sicura” continua Pick. Al di là delle eterne discussioni dottrinali in alto nella gerarchia, la sua speranza si basa sul fatto che “I bambini nelle scuole amano l’un l’altro senza pregiudizi. Sono loro che ci mostreranno la via e la fede”.
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