Che cos'è la tenure accademica contro cui si scaglia il Gop?
Il nuovo panico morale dei repubblicani punta a punire le università scommettendo sul risentimento delle famiglie per il progressismo dei figli studenti.
Quando Harper’s Magazine nel 2020 pubblicò la sua “Letter on Justice and Open Debate” scatenò una polemica durata mesi. La lettera denunciava un’atmosfera censoria proveniente da un certo progressismo che metteva in pericolo il libero scambio di idee e la libertà accademica.
Da una parte non si è mai capito quell’appello a chi si riferisse nello specifico e cosa esattamente stesse denunciando, anche se molti nomi prestigiosi in buona fede apposero la firma. Dall’altra leggerla oggi provoca una reazione al limite del surreale di fronte alla valanga censoria arrivata negli anni successivi per iniziativa del Partito Repubblicano americano, che usa proprio la famigerata cancel culture woke come scusa.
Una vecchia battaglia adattata al nuovo GOP
Nel 2020 il GOP decise di non aggiornare la propria piattaforma programmatica, mettendosi invece al servizio di Trump e della sua visione di conservatorismo della rabbia. Le conseguenze di questo lungo cammino di radicalizzazione sono ancora più evidenti oggi. Anche se Donald Trump viene personalmente sfidato alle primarie, la sua visione rimane e non viene messa in discussione da nessuno. Il Partito Repubblicano ha ormai da tempo dedicato le proprie energie e capitale politico al coltivare e rispondere ad una lista di moral panics culturali che si arricchisce anno dopo anno. Ora, ha trovato un nuovo target: i professori universitari.
In più stati sono state proposte leggi che limitano o eliminano completamente un istituto tra i più identificativi della professione accademica, la tenure, quella che da noi sarebbe la cattedra a tempo indeterminato. In Texas la legge la abolirebbe nei college e università statali. In Ohio la sottoporrebbe a continue review, prendendo spunto da una legge che DeSantis ha da poco firmato in Florida. North Dakota, Louisiana, North Carolina, Iowa seguono a ruota con proposte più o meno simili.
Chi ricorda un Partito Repubblicano diverso, non radicale e populista, ma conservatore e cultore della libertà economica, obietterà che la battaglia contro la tenure non è una cosa nuova per il movimento. Tuttavia, quella posizione la si spiegava seguendo logiche di mercato e di capitalismo accademico. Nessun posto di lavoro era infatti così protetto e garantito; in più la tenure, si diceva, toglie qualsiasi incentivo a mantenere alta la qualità e produttività della persona in cattedra. Questa posizione, se pur legittima, si basava spesso su una visione esagerata e poco informata degli incarichi universitari e di quanto difficile sia ottenerli.
Cos’è la tenure
Il processo che di solito porta ad ottenere una cattedra negli Stati Uniti varia molto, però ci sono elementi in comune tra tutte le università che permettono di descriverlo a grandi linee. Una persona con PhD, a volte dopo un post-Doc, con il solito misto di bravura e fortuna, ottiene un incarico di Assistant Professor per qualche anno, rinnovabile, un po’ come i nostri incarichi di ricercatore a tempo determinato di tipo B. Queste posizioni si dicono tenure-track, perché alla fine dell’incarico, o durante il rinnovo, arriva il momento in cui si come up for tenure.
Se in Italia c’è bisogno di un’abilitazione scientifica nazionale, negli Stati Uniti la domanda viene gestita a livello di Università. Il Dipartimento considera il curriculum, i lavori, gli anni di insegnamento, lettere di raccomandazione. La lista di candidature viene poi mandata ad un organismo superiore, di solito convocato dal rettore, e al consiglio di amministrazione. Ad ogni passaggio di questo lungo e laborioso processo una candidatura può fallire ed essere rigettata. Se tutto va bene, la persona ottiene la carica di associate professor, con quella di full ottenibile dopo anni e un ulteriore processo di review. La sicurezza contrattuale è sicuramente uno dei vantaggi dell’avere successo alla fine di questo percorso.
La cattedra assegnata non la si può togliere, se non per motivi di difficoltà finanziarie dell’università o di gravi mancanze e violazioni. Queste ultime possono includere tantissime cose, dal plagio alle continue assenze, ad aspetti più di carattere morale, soprattutto in istituti religiosi. Risulta quindi evidente che l’idea che i professori non siano licenziabili è ingenua e poco informata. Ciò che sicuramente non è motivo di annullamento della tenure sono le posizioni ideologiche della persona, o i risultati della sua ricerca. Proprio per questo l’American Association of University Professors considera l’istituto uno dei pilastri della libertà accademica, garantisce che le persone responsabili per l’avanzamento e la trasmissione della conoscenza siano protette da cause di licenziamento che abbiano a che fare con le loro idee o con ciò che pubblicano. Anzi, uno dei grandi problemi dell’università moderna è quanto poche siano ormai le posizioni tenure-track rispetto al numero di PhD e Post-Doc e quanto le università si affidino sempre più a persone con contratti a breve termine e sottopagate per andare avanti. Solo il 21% dei contratti accademici negli Stati Uniti è coperto da tenure.
Il perché del nuovo moral panic
Sebbene fosse figlia di logiche di mercato che male si applicano ad un campo come l’insegnamento universitario, le vecchie posizioni del GOP sulla tenure non hanno niente a che fare con quelle odierne. Ragioni di performance e qualità hanno lasciato spazio ad altre di natura ideologica e culturale, rendendo la questione l’ennesimo moral panic. Ron DeSantis, firmando l’anno scorso la legge che richiede una revisione della tenure ogni cinque anni, nel suo discorso spiegava come l’istituto promuova “ortodossia intellettuale”. Chris Sprowls, allora Speaker della Camera statale, spiegava come la legge prevenga “l’indottrinamento delle giovani menti”. Il Vicegovernatore del Texas Dan Patrick, ugualmente, lamenta che l’università sia diventato un posto di indottrinamento liberal, fonte di “divisione sociale”, da cui mandar via i “Marxisti UT professors”, che insegnano Critical Race e Gender Theory.
In Ohio la proposta legislativa propone una review annuale che includa l’opinione degli studenti riguardo l’ambiente in classe, “free of political, racial, gender and religious bias”. Anche se ufficialmente queste leggi sono sulla carta motivate dalla volontà di garantire qualità, è evidente che l’obiettivo e lo spirito siano da cercare all’interno della strategia più larga del partito di istigare e nutrire la rabbia dei propri elettori verso istituzioni percepite come ideologicamente nemiche. Elise Stefanik, membra della Camera dello stato di New York, presentando una legge sulla tenure, ha dichiarato che “il progressismo di sinistra pervade le università dello stato” e che bisogna fare qualcosa a riguardo.
Come sottolinea FiveThirtyEight, l’idea che i college stiano indottrinando i giovani americani prevale tra gli elettori del partito repubblicano, specialmente quelli che hanno persone in famiglia che studiano all’università, a sottolineare quanto la polarizzazione sul tema sia generazionale più che geografica o razziale. Questo forse è il motivo per cui DeSantis ha preferito firmare la sua legge presso The Villages, un’enorme comunità di riposo per anziani benestanti, la cui popolazione di 130.000 abitanti è per il 99% bianca, per l’82% over 65, e nota per essere tra le maggiori roccaforti del trumpismo. Scommettere sul risentimento per le posizioni progressiste di figli e nipoti, attaccando le cattedre ritenute responsabili, forse è un suo modo originale di convincerli a sostenerlo alle primarie.