Flash #1, Biden - Trump: guerra al confine
Nell'anno elettorale la gestione dei confini degli Stati Uniti è diventata centrale.
"La prima ragione dell'esistenza di Jefferson è stata quella di andare oltre il flusso delle notizie e di andare al cuore degli eventi, cercando di sviscerare le profonde ragioni di essi. Con Flash, la nuova rubrica settimanale curata da Marco Arvati, la nostra squadra vuole fare un passo in più. Congelare un evento di scottante attualità e inquadrarlo con il meglio degli strumenti interpretativi. Tutto in sole tremila battute. Il nostro viaggio nell'anno elettorale comincia adesso." (Matteo Muzio, direttore di Jefferson)
“Non ho interesse ad approvare un piano bipartisan che aiuti il tasso di approvazione di Joe Biden”. Sono le parole date alla CNN da Troy Nehls, un deputato Repubblicano del Texas che si pone contro il possibile accordo al Senato per nuove leggi sull’immigrazione.
Se per i Democratici il 2024 vuole continuare a essere l’anno in cui si spinge sui diritti civili e la negazione di essi da parte di alcuni stati controllati dal Partito Repubblicano, questi ultimi vogliono porre il focus sui confini del Paese. Tutto ciò perché il numero sempre più alto di migranti irregolari che arrivano al confine texano ha generato molta insicurezza nei cittadini statunitensi che, dati alla mano, potrebbero punire l’amministrazione. Il nuovo speaker della Camera, Mike Johnson, ha guidato una delegazione a Eagle Pass, confine caldo tra Texas e Messico, e ha definito la situazione “catastrofica”.
Il problema dell’amministrazione democratica è che manca una linea coesa su come gestire il fenomeno migratorio, dato che a istanze più aperturiste provenienti dall’ala sinistra si contrappongono volontà di rendere più dure le regole, soprattutto da parte dei sindaci delle grandi città, come Eric Adams a New York, che hanno sempre più difficoltà a gestire i nuovi arrivi. Dall’altro lato si staglia la figura di Donald Trump che ha invece posto i problemi al confine come centrali per la sua campagna, usando una retorica sempre più cupa e autoritaria che definisce i migranti come “avvelenatori del Paese”.
La Camera dei Deputati a guida repubblicana aveva già approvato a maggio una legge, H.R. 2, passata con i voti del solo GOP - Grand Old Party, un modo di chiamare il Partito Repubblicano -, il cui obiettivo era restringere drasticamente le maglie del processo di richiesta d’asilo, terminare la protezione per molti minori e rendere ancora più difficile ottenere la possibilità dell’immigrazione legale. Il disegno non ha mai raggiunto il Senato, dove la maggioranza democratica non consentirebbe la sua approvazione. Nonostante questo la situazione è tesa: i Repubblicani non vogliono votare l’estensione degli aiuti militari all’Ucraina fintantoché la situazione legale ai confini rimane la medesima. Per questo Biden ha dato mandato di trattare per una legge al Senato, più leggera di quella della Camera, ma che comunque recepisca un approccio duro verso l’immigrazione irregolare; in queste settimane il Democratico Chris Murphy si è mosso verso l’ala Repubblicana, insieme alla ex-Senatrice Democratica ora indipendente Kyrsten Sinema, e le trattative sono in corso. Anche se ne uscisse una legge, questo potrebbe non significare nulla: da un lato farebbe sì che Biden riconosca il problema evidenziato dai Repubblicani, ma senza potervi porre rimedio. Difatti la Camera a guida repubblicana pare molto poco intenzionata a votare qualsiasi legge arrivi dal Senato, rimanendo fedele al progetto molto più drastico già approvato.
Gli anni del conservatorismo compassionevole espresso da George W. Bush e la volontà di azioni di regolarizzazione di molti migranti irregolari presenti da decenni sul suolo statunitense sono oramai parte di un’epoca lontana.