"Avrei voluto non essere così riservato": Joseph Cornell, un artista misterioso
Senza particolari doti artistiche tradizionali, Cornell è saputo diventare una figura chiave per capire l'arte statunitense nel Novecento
Pensando a Joseph Cornell non è facile inserirlo in una categoria d’artista precisa.
Non sapeva dipingere o scolpire e non aveva ricevuto una vera e propria educazione artistica, eppure al giorno d’oggi risulta essere uno dei personaggi più interessanti dell’arte americana del Ventesimo secolo.
Nato a Nyack nello stato di New York, Joseph è il primo di quattro figli.
Molto legato alla famiglia dedica la sua intera vita alla cura del fratello minore Robert affetto da paralisi cerebrale.
E’ proprio per la forte dedizione verso la famiglia che non lascerà mai il paese, ma Joseph viaggia con la mente portando con sé l’osservatore in un mondo alternativo fatto di vecchie foto, illustrazioni e oggetti di ogni genere da lui stesso recuperati per le strade della città, nei mercatini newyorkesi o in negozi di antiquariato, oggetti abbandonati, dimenticati o di poco valore che nelle sue “SHADOW BOXES” assumono una valenza tutta nuova.
Il suo compito è fin dagli esordi quello di creare legami tra un’infinità di oggetti interessanti e non, raccolti in luoghi diversi e provenienti da realtà opposte che rivivono grazie al mistero che li tiene uniti e che a tratti percepiamo.
La sua arte nasce di notte, in silenzio nella sua cantina buia, e si sviluppa come un’assemblage ispirato al ready made Duchampiano, una fantastica unione di svariati elementi che, nonostante la loro staticità, riescono a far volare con la fantasia e a stupire chi guarda. Il suo pubblico si ritrova a interrogarsi sul perché sia stato creato il mix eterogeneo che ha davanti e che sfocia in un mondo tutto nuovo, personale, poetico e surreale fatto di significati nascosti che permettono a ognuno una propria interpretazione.
Sono proprio questi tesori affascinanti riuniti da Cornell grazie al suo vagabondare per New York a rivelare le sue passioni più grandi per l’astronomia, il cinema e la letteratura, protagoniste silenziose di ogni suo lavoro.
Negli anni ’60 comincia ad approcciarsi alla tecnica del collage ma non abbandonerà mai il suo essere ossessionato dall’oggettistica che a tratti lo rende quasi un accumulatore seriale.
Di grande importanza per Joseph Cornell è stato l’incontro con Julian Levy nel 1931.
Levy all’epoca è un giovane mercante d’arte proprietario di una galleria che rimane affascinato dalla poeticità dietro ai suoi lavori al punto di offrirgli la possibilità di esporli alla prima mostra surrealista tenutasi a New York nel 1932.
Questo fortunato rapporto di lavoro sfociato poi in amicizia permette a Cornell di guadagnarsi la tanto attesa fama assieme alle sue scatole nate casualmente nel seminterrato, ed è sempre grazie a Levy che comincia a conoscere personaggi noti e si guadagna la fiducia di altri nomi importanti del panorama artistico di quell’epoca, primi fra tutti Marcel Duchamp e Robert Motherwell.
Anche il caso ha un ruolo fondamentale nella poetica di Cornell e lo aiuta nel tentativo di sfondare e avere successo. È proprio per questa peculiarità nei suoi lavori che la critica lo annovera sotto l’etichetta surrealista.
I suoi universi fatti di cose inutili e da reperti del vivere quotidiano aprono così la strada alle generazioni successive, influenzando i giovani artisti che desideravano approcciarsi all’arte caotica e casuale tipica dei surrealisti.
Tuttavia, nonostante Cornell trovi grande appoggio dalla categoria, fin da subito si mostra restio a farsi considerare parte di questo gruppo e la causa principale è la sua riservatezza a tratti limitante che probabilmente impedì alla sua arte di ricevere l’attenzione necessaria soprattutto fuori dagli Stati Uniti.
Durante una delle ultime conversazioni telefoniche con la sorella è proprio lui ad autodefinirsi chiuso affermando che avrebbe voluto non essere così riservato.
Ecco allora che il surrealista alla quale l’etichetta non piaceva affatto si rende conto che il suo stile di vita cupo e solitario gli ha messo i bastoni tra le ruote impedendogli di guadagnare forse il successo mondiale tanto desiderato almeno fino alla sua morte. Negli ultimi dieci anni della sua vita infatti, nonostante il netto calo di produzione artistica, la sua reputazione che fino a quel momento non aveva mai superato di molto la cinta urbana del paese comincia a crescere sempre di più, ed è con il ventunesimo secolo che si realizzerà anche se postumamente il suo desiderio di “non essere così riservato”.