Avanzare compatti: gestire la Frontiera nell’Ottocento
L’espansione nel West è stata un fenomeno favorito dalla debolezza del governo federale?
Il mito della Frontiera è uno dei caratteri fondativi della nazione americana. La grande disponibilità di territori ‘vergini’ ha creato un immaginario, riproposto poi in innumerevoli prodotti culturali, prima di tutto nel cinema, che celebra l’eroismo dei pionieri, la vita selvaggia, il combattimento con i nativi per assicurare a sé, alla propria famiglia, e alla propria comunità un futuro di prosperità forgiato attraverso la privazione e il duro lavoro. Ha, in ultima battuta, formato un ideale di infinite possibilità intorno all’America stessa, riproponendo una filosofia di americanità a un tempo individualista e solidaristica verso la propria comunità. La storia della corsa verso ovest non è però una storia di libero e quasi anarchico insediamento dettato dal puro interesse individuale, ma piuttosto una storia di strategia da parte del governo federale.
Agli albori della nazione, il rapido sviluppo verso ovest era guardato con preoccupazione dalla classe dirigente, vista la debolezza militare di un governo federale che poteva contare su un esercito di poche migliaia di uomini. È evidente che mantenere un pattugliamento degli estesissimi confini con una tale scarsità di forze era molto complesso, soprattutto all’indomani del Louisiana Purchase del 1803, che quasi raddoppiava il territorio del Paese fino alle Montagne Rocciose includendo l’ex dominio francese in Nordamerica. Proprio nello stesso anno, Jefferson, allora Presidente, dichiarò quale fosse la strategia da seguire: «avanzare compatti mentre ci moltiplichiamo». Data la debolezza dell’apparato difensivo della giovane nazione, diventava importantissimo l’uso strategico dell’insediamento per assicurare il controllo territoriale, facendo risaltare l’importanza dell’amministrazione delle terre demaniali. La cessione dei territori per l’insediamento diventò così a inizio Ottocento uno strumento utilizzato con cautela, al fine di assicurare il popolamento stabile e diffuso delle terre a est del Mississippi («full on this side», per dirla come Jefferson) prima di varcare il grande fiume e sfruttare le immense potenzialità ancora intoccate nell’ovest. Il popolamento dei territori, in certo modo, rendeva così superflua l’occupazione militare, e funzionava come barriera verso l’esterno, in questo caso verso le popolazioni indigene, i rapporti con le quali erano strettamente sorvegliati dall’autorità centrale. Era anche strumento per mantenere il Paese coeso ed evitare la fondazione di comunità troppo remote che nel loro isolamento avrebbero potuto covare le radici di movimenti separatisti e ribellioni all’autorità centrale, rischio peraltro dimostrato dalla Whiskey Rebellion del 1794 nei territori al di là degli Appalachi.
È in questo frangente che si inizia a concedere l’insediamento delle terre a ex veterani dopo tre anni di servizio volontario come compenso per assicurare un popolamento non solo diffuso, ma soprattutto armato. Questo strumento fu adottato con il Federal Military Tract Act del 1796 per assicurare il controllo del territorio dell’attuale Ohio, poi in Illinois e Arkansas a seguito del conflitto del 1812, e nel 1842 con l’Armed Occupation Act, che offriva terra nella Florida centro-meridionale a chiunque fosse armato e disposto a stabilirvisi per almeno sette anni. Il successo di questa legge nel soffocare la guerra con i Seminole spinse il Congresso ad approvare il Donation Land Claim Act nel 1850, ripetendo lo schema nei nuovi territori del nordovest, gli attuali Oregon e Washington. Gli stessi timori e l’opposizione alla guerra con il Messico degli anni Quaranta si fondò non solo sulla paura di mandare in bancarotta il bilancio federale, ma anche in buona parte sulle paure circa il controllo di un ulteriore territorio vastissimo, in cui entravano anche fattori di pregiudizio razziale verso gli ispanici.
Con la Guerra Civile, venne meno la pratica di stipulare accordi con i nativi, preferendo la conquista armata da parte dell’esercito, ora potenziato, e il Congresso dominato dai Repubblicani approvò l’Homestead Act del 1862, che permetteva l’acquisto di terreno a prezzo fortemente agevolato a chi vi abitava per cinque anni.
La Guerra Civile divenne così uno spartiacque nelle modalità di amministrazione dell’espansione a occidente, mentre restò centrale l’obiettivo di creare una comunità nazionale etnicamente omogenea (naturalmente bianca): non è un caso che gli ultimi tre dei “lower 48” a diventare Stati furono Oklahoma (a lungo riserva indigena), New Mexico e Arizona, abitati per molto tempo principalmente da nativi e ispanici. Solo una volta che la popolazione bianca raggiunse la maggioranza diventò accettabile la concessione del nuovo status.
La conquista del West è dunque una vicenda di scelte spesso deliberate che hanno condizionato fortemente la crescita del Paese, restituendo un’immagine di un governo sì debole in termini di mezzi, ma deciso e ingegnoso nelle soluzioni. Nelle sue scelte, ha creato un immaginario che ha affascinato generazioni e generazioni di americani e non solo.