Aspettando l’anno nuovo a Hollywood (e a Cinecittà)
Se in America l'immaginario filmico è romantico e immaginifico, in Italia invece è cinico e disincantato, con il risultato che negli Usa si sogna mentre da noi ci si immedesima.
Forse, a raccontare il Capodanno, siamo stati più bravi degli americani. Se non migliori, almeno più credibili, o più crudeli. A loro è toccata la commedia romantica, l’Empire State Building, New York; a noi la commedia all’italiana, il maestro Canello, Sulmona. La fabbrica dei sogni di Hollywood nel periodo natalizio profuma di biscotti appena sfornati, innamoramenti, incontri inaspettati, ricongiungimenti e dichiarazioni d’amore, la nostra solo di gas e fedelini col tonno da almeno trent’anni; persino Nora Ephron, che si è sposata tre volte e ha conosciuto le rotture di scatole di un tradimento diventato di dominio pubblico, non ci ha risparmiato Meg Ryan e Tom Hanks sull’Empire State Building e Billy Crystal che si affanna a correre tra le strade di New York per raggiungere la donna di cui è innamorato, che alla fine è di nuovo Meg Ryan. Poi, poiché è sempre Nora Ephron e conosce bene i suoi polli, in Spleepless in Seattle (Insonnia d’amore per noi) (nella foto) inserisce la frase che più di tutte descrive le spettatrici smaniose dei film romantici di Natale: “Questo è il tuo problema. Tu non ti vuoi innamorare, tu ti vuoi innamorare dentro un film”.
Sul sito dell’Empire State Building è possibile acquistare, al conveniente prezzo di 1000 dollari per coppia, il pacchetto Happily Ever Empire, un’esperienza, cito testualmente, “che fornisce l’accesso prioritario all'iconico Osservatorio all'86° piano, dove potrai ammirare le ampie vedute della città prima di fare la domanda, e una bottiglia di champagne in omaggio in un privato angolo dell'iconica attrazione all'aperto”, da cui sono però esclusi fotografo e ospiti, per i quali dovranno essere acquistati biglietti aggiuntivi. La proposta dei sogni, uguale a tante altre proposte organizzate in sequenza, che comunque non salverà dalla seccatura dei Natale e dei Capodanno che sono venuti prima, verranno dopo o arriveranno prima o poi, perché non è tanto lo spirito delle feste attorno a noi, quanto l’avvocato Giovanni Covelli dentro di noi.
Agli americani è toccato il sospiro, l’aspirazione, a noi italiani il lamento e l’immedesimazione. Dal momento che i tempi sono così duri da non essere alleviati neanche da una commedia romantica, Netflix ha finalmente deciso di venire incontro alle nostre esigenze inserendo in catalogo il film natalizio più bello, intramontabile, spietato e vero, aggiungerebbero quelli che frequentano assiduamente i reality e le dirette social, di sempre, Parenti Serpenti. Del film di Monicelli sappiamo tutto perché tutto è già accaduto nei nostri salotti e nelle nostre cucine, a eccezione del finale, si spera, e perché tutto si ripete identico a sé stesso da anni: i nonni non più autosufficienti che non vuole nessuno, le domande inopportune sui figli, le ostentazioni, i paragoni, i rancori nascosti, i regali di merda e le frasi di circostanza, la provincia e le feste di provincia, il Novecento che non vuole morire, i pettegolezzi, la vita. Sarà perché Sulmona non è New York ed è improbabile che John Cusack e Kate Beckinsale si innamorino sotto Porta Napoli, ma niente è più immedesimabile della casa di Trieste e Saverio.
Non temete, potremo ancora sognare di incontrare il vero amore sotto la neve di Natale, anche se la neve non esisterà più a causa dei cambiamenti climatici, potremmo immaginare di portare il fidanzatino al cenone e rendere i parenti impiccioni felici, in barba al femminismo e all’autodeterminazione, e potremo persino bramare di acquistare il pacchetto Happily Ever Empire a costo di indebitarci, ma le nostre vite saranno sempre fatte della nostra sostanza di cui sono fatti i film di Monicelli e di quel cinema che non aveva paura di metterci davanti allo specchio.