La mia cultura non è un costume
La campagna mediatica negli USA contro la cultural appropriation dei costumi di Halloween.
Halloween dovrebbe essere un momento spensierato, ma molti college stanno spingendo i propri studenti a fare una scelta più ragionata quando scelgono come travestirsi. La decisione sul costume di Halloween implica infatti, in un Paese composto da molte minoranze culturali, il misurarsi con il concetto di appropriazione culturale.
Navigare sui siti internet delle università americane, in questo periodo dell’anno, significa imbattersi in numerosissime iniziative che vogliono sensibilizzare gli studenti sulla questione dell’appropriazione culturale nella scelta del proprio costume di Halloween.
I campus si preparano ad accogliere le feste di studenti e confraternite e l’attenzione su questi temi è da anni elevatissima. I post in cui gli studenti tengono in mano cartelli con scritto «We’re a culture, not a costume», si moltiplicano. Ne esistono di centinaia, sui social della Central Washington University, fino ad arrivare a quelli della Ohio University. Vengono inviate mail, pubblicati annunci e si iniziano campagne di sensibilizzazione sui social network.
Il messaggio che gli studenti appartenenti alle minoranze culturali ed etniche è: «Massima libertà, sentiti libero di essere chi vuoi, ma non me».
I diversi tipi di appropriazione culturale ad Halloween
L'appropriazione culturale è definita come l'acquisizione di forme, temi e pratiche creative o artistiche appartenenti a un determinato gruppo culturale, da parte di un altro. Tutto si riduce a un dualismo molto semplice: il gruppo che si appropria dei simboli è in genere quello dominante nel Paese.
Per quanto riguarda Halloween, classificare quando un determinato costume è appropriazione culturale o meno può essere un compito complicato e polarizzante. Su tutte, la blackface (cioè la pratica di dipingersi la faccia di nero) è l’ossessione della maggior parte degli esperti.
I costumi da mariachi, con poncho, maracas e sombrero. Il tipico look da “latina girl” con un make-up evidente, grandi orecchini a cerchio e capelli ricci legati in una coda. Il costume da giapponesina, con veste rossa, bacchette tra i capelli e dragone sul retro. Il travestimento da nativa americana con le piume in testa oppure della ballerina di hula delle Hawaii. Sono simboli che vengono da un immaginario così sdoganato da libri, film e cultura di massa che è difficile, dall’altra parte dell’oceano, riconoscerli per quello che sono: elementi identitari di una cultura che non è la nostra.
Per aiutare gli adolescenti americani a districarsi in questo difficile mondo, pieno di riferimenti che spesso, per ignoranza, si fatica a comprendere, Teen Vogue ha realizzato un video molto interessante, in cui vengono intervistate delle ragazze americane, ognuna appartenente a una diversa etnia o minoranza culturale.
Nel video di Vogue una ragazza spiega: «Considero il vestito da hawaiana, con tipica gonna di paglia e fiori in testa, davvero molto offensivo. Non tutti sanno che, fino a poco tempo fa, nelle Hawaii era vietato indossare indumenti legati alla nostra cultura».
Lo dice commuovendosi e rivelando che sua nonna di 70 anni ha terminato da poco di cucire la propria gonna da hula, che non assomiglia per niente a quella di plastica e fiori finti che la ragazza del video indossa.
«Halloween è l’occasione giusta per vestirsi come personaggi che sono fuori dal comune, molto vecchi o provocatori. Indossare qualcosa appartenente all’identità di una minoranza in quello specifico giorno significa implicitamente dire che quella cultura è un qualcosa di cui possiamo prenderci gioco» racconta la ragazza afroamericana protagonista del video. «Lo trovo offensivo, sottolineano certe pose e certi difetti senza neanche capirne il significato» le fa eco un’altra.
Secondo Mia-Moody Ramirez, PhD e professoressa di giornalismo, pubbliche relazioni e media digitali alla Baylor University, quando si ha il dubbio che il nostro costume potrebbe offendere qualcuno bisognerebbe limitarsi a «scegliere un costume diverso».
La dottoressa Moody Ramirez è una riconosciuta esperta a livello nazionale per quanto riguarda la rappresentazione delle minoranze, delle donne e di altri gruppi sottorappresentati. Moody Ramirez è anche co-autrice del libro From Blackface to Black Twitter: Reflections on Black Humor, Race, Politics, & Gender.
Come riporta il New York Times, in realtà per qualcuno la faccenda sta diventando più grande di quello che dovrebbe davvero essere. Secondo alcuni ci sarebbe una sensibilità esagerata sul tema del politically correct e dell’appropriazione culturale. «È sempre possibile che qualcuno possa essere offeso da un determinato costume, affermazione o posizione. Ma non puoi basare il tuo comportamento su questa possibilità» ha detto al Times Mark Crispin Miller, professore di studi dei media alla New York University. Secondo Miller «deve esserci spazio per oltrepassare determinati confini».
Il dibattito rimane quindi molto aperto. Ad ogni modo, non si può escludere che, per le festività come Halloween, l’obiettivo debba rimanere l’evitare la presa in giro e lo scimmiottamento.
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