Cento anni di innalzamento del livello del mare, in soli trent’anni. Quella che potrebbe sembrare una delle peggiori profezie sul cambiamento climatico, è destinata presto ad avverarsi.
A lanciare l’allarme è un nuovo report della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), al quale hanno contribuito cinque agenzie federali, tra cui la Nasa e l’Environmental Protection Agency (EPA), che all’unisono chiedono interventi tempestivi per tutelare il territorio del Paese. I dati parlano chiaro: entro il 2050, gli Stati Uniti vedranno un innalzamento del livello del mare lungo le proprie coste in media tra i 25 e i 30 centimetri, l’equivalente dell'aumento registrato negli ultimi 100 anni, dal 1920 al 2020. Una variazione dovuta al profondo cambiamento nelle inondazioni costiere, ma anche all’incremento della forza delle maree e delle mareggiate, che oltre a colpire prevalentemente le zone costiere, metterà a rischio anche le aree più interne.
Controllare il livello delle emissioni prodotte nei prossimi anni è l’unico modo per non dover assistere a una delle peggiori catastrofi climatiche della storia dell’uomo. In assenza di misure atte a ridurre il prima possibile il volume delle emissioni climalteranti prodotte a livello globale e soprattutto negli Stati Uniti – segnala lo studio – è sempre più probabile che entro la fine del secolo vi sarà un complessivo aumento del livello dei mari tra 0,5 e 1,5 metri.
C’è un dato che in assoluto denota la forza distruttrice del cambiamento climatico: si prevede che le inondazioni classificate come “moderate" - ma che in realtà sono solitamente distruttive - avranno una probabilità di verificarsi in media dieci volte più spesso nell’arco dei prossimi trent’anni. Una questione di fredda probabilità che riduce la nostra capacità di controllo e al massimo ci consente di prevedere possibili catastrofi e mitigarne gli effetti.
Di mitigazione e adattamento non si può però sopravvivere a lungo, soprattutto perché l’economia nazionale si sviluppa prevalentemente nelle città costiere e qui risiede il 40% della popolazione. Il differente impatto con cui verranno colpiti i singoli Stati, determinerà un indubbio squilibrio nella gestione delle risorse federali e contribuirà a esacerbare le differenze socioeconomiche che attraversano il Paese.
Gli Stati Uniti, secondo il report, sperimenteranno un aumento del livello del mare superiore alla media globale. Secondo William Sweet, uno dei principali autori del report, l’incremento si concentrerà sulla costa orientale e del Golfo del Messico, mentre la costa occidentale e le Hawaii saranno colpite in misura inferiore rispetto alle media. Stati come il Louisiana e il Texas si troveranno a dover sostenere un innalzamento del livello del mare di quasi mezzo metro (precisamente, di 45 centimetri). Alcune zone saranno poi maggiormente a rischio a causa della subsidenza, un fenomeno geologico che porta al progressivo sprofondamento del suolo.
Nel frattempo, non troppo lontano dall’America, gli effetti più drammatici del riscaldamento globale risultano nello scioglimento incontrollato dei ghiacciai antartici e della Groenlandia, che contribuirà drasticamente all’innalzamento del livello dei mari entro il 2100. La forza delle correnti oceaniche che trasportano masse d’acqua dall’emisfero australe sino alle coste atlantiche è uno dei tanti meccanismi destinati a mutare a causa del cambiamento climatico.
Per farla breve, la morale è sempre la stessa e il tempo sempre meno. Abbiamo circa ottant’anni per porre rimedio a un secolo di inquinamento senza freni e cercare letteralmente di rimanere a galla in un mondo destinato a cambiare sempre di più.