Flash #8: Per l’Alabama, e per Nikki Haley, gli embrioni congelati sono bambini
Una sentenza della Corte Suprema dell’Alabama radicalizza ulteriormente il campo dei diritti riproduttivi.
L’apparente vuoto federale in materia di diritti riproduttivi lasciato dalla sentenza della Corte Suprema del 2022 Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization viene ogni giorno colmato da interventi statali conservatori, apertamente contrari all’autodeterminazione sessuale e riproduttiva dei cittadini americani.
Proprio in quel vulnus, infatti, si è mossa la Corte Suprema dell’Alabama, sancendo nei giorni passati che addirittura embrioni congelati formati attraverso la Fecondazione in Vitro (FiV) vadano considerati bambini. Una decisione radicale, immediatamente abbracciata dalla candidata Repubblicana per la presidenza degli Stati Uniti Nikki Haley, la quale ha subito sottolineato in una intervista per NBC News che per lei «quando si parla di un embrione, si parla di una vita».
Sorprendentemente, l’ex Presidente Donald Trump – che nelle settimane precedenti aveva lasciato trapelare informazioni riguardanti un personale pieno supporto a un divieto federale di aborto a partire dalla sedicesima settimana di gestazione – si è pubblicamente schierato a favore della FiV, invitando la legislatura dell’Alabama a trovare una soluzione immediata per preservare i canali di accesso alla pratica.
I giudici dell’Alabama hanno adottato la decisione con 7 pareri favorevoli e 2 contrari facendo riferimento a un caso del 2020, quando un paziente errante in una clinica dello Stato aveva rimosso degli embrioni congelati dalle vasche di azoto liquido distruggendoli erroneamente. Le coppie danneggiate dall’accaduto avevano fatto ricorso trovando terreno fertile nell’assetto politico e giuridico dell’Alabama.
Guidati dal Presidente Tom Parker, la maggioranza dei giudici della Corte ha ritenuto applicabile al caso specifico uno Statuto del 1872 recante il capo d’accusa “morte ingiusta di un minore”. Citando poi la Bibbia e l’emendamento alla Costituzione dello Stato risalente al 2018 che impone di garantire piena tutela e diritti ai “bambini non nati”, la Corte Suprema statale è arrivata a definire vita anche quella embrionale ed extrauterina.
Come osservato dalla Dottoressa Paula Amato, presidente della American Society for Reproductive Medicine, «la Corte ha stabilito che un ovulo fecondato congelato in una clinica della fertilità deve essere trattato come l'equivalente legale di un bambino esistente o di un feto in gestazione nell’utero». Alla sua voce si aggiunge quella di Barbara Collura, Presidente e Direttrice generale di Resolve, organizzazione che rappresenta gli interessi dei pazienti affetti da infertilità: «[i giudici] non hanno sentenziato che la FiV è illegale, o che non si possono congelare gli embrioni, ma hanno fatto qualcosa di peggio», creando un vuoto e non indicando quali siano le reali conseguenze della loro decisione.
Gli effetti a oggi individuabili sono tanto medici, quanto economici e ideologici: da un punto di vista prettamente sanitario, la decisione ha già messo in allarme organizzazioni come l’American Cancer Society, preoccupata che la sentenza minacci il diritto dei pazienti oncologici a preservare la propria fertilità. Economicamente, qualora le cliniche venissero costrette a trasferire gli embrioni fuori dallo Stato i costi della pratica non farebbero che aumentare. In ultimo, sicuramente non da meno e forse, il principale scopo di questa sentenza, si tratta dell’ennesima vittoria dell’ampia rete di organizzazioni anti-scelta che da anni lotta per il riconoscimento della personalità giuridica del concepito tramite emendamento alla Costituzione federale.
Ogni passo in direzione della personalità fetale – come quello compiuto, di fatto, in Alabama – mette sempre più a rischio la libertà di scelta e consolida un’America post-Roe in cui i diritti riproduttivi non hanno spazio alcuno.