#19 Brainstorm – Volano gli stracci tra Trump e Musk
Il divorzio a mezzo social tra Trump e Musk sta tenendo banco sui media di tutto il mondo. Approfondiamo la questione nelle opinioni di Giacomo Stiffan, Emanuele Monaco, Laura Gaspari e Matteo Muzio
Perché guardare gli Stati Uniti dal buco della serratura? Quando serve una chiave di lettura la trovi su Brainstorm, la rubrica di Jefferson che raccoglie le opinioni della redazione sui fatti americani. A cura del vicedirettore Giacomo Stiffan.
Donald Trump ed Elon Musk si sono voluti, usati, sopportati. Ora si detestano. La frattura tra i due non è solo un litigio tra primedonne, ma una faglia che attraversa il potere americano, là dove politica, business e ideologia si mescolano.
In questa Brainstorm Giacomo Stiffan, Emanuele Monaco, Laura Gaspari e Matteo Muzio raccontano la rottura tra i due giganti come uno specchio del nostro tempo, in cui le alleanze si fondano sull’utile ma si sfasciano sull’identità.
“Musk si è illuso di poter domare Trump; ma Trump non si doma, si subisce”
di Giacomo Stiffan
La prima cosa a cui ho pensato è stata la notte dei lunghi coltelli. Due ego smisurati, due uomini convinti di essere al centro del mondo: era inevitabile, due narcisisti come Musk e Trump non potevano coesistere uno con l’altro. Uno gioca alla politica come fosse un parco giochi, l’altro la plasma come una religione. Ora si fanno la guerra, ma sembrano più due teenager che si scambiano dissing su TikTok.
Musk si è illuso di poter domare Trump; ma Trump non si doma, si subisce. È uno che sa come lusingarti finché gli servi, poi ti scarica senza nemmeno voltarsi. Musk, con le sue velleità da demiurgo e una confusione tragicomica tra libertarismo e potere reale, si è fatto incastrare. Ha investito pesantemente in Trump e ha ottenuto una poltrona all’interno del famigerato DOGE; in cambio, ha ricevuto una bella coltellata alla prima occasione utile. Coltellata telefonatissima, oltretutto: che Trump avrebbe sfasciato i sussidi alle auto elettriche è sempre stato ben chiaro.
L’uomo più ricco del mondo si scopre così vulnerabile. Schierandosi apertamente con Trump si era alienato il supporto dei progressisti, i principali clienti di Tesla, con ripercussioni drammatiche sulle vendite. Ora proverà sulla sua pelle quanto infamante può essere la macchina del fango Maga, che lui per primo tanto aveva alimentato. È la proverbiale zappa sui piedi. Le sue creature – Tesla e SpaceX – vivono grazie a sovvenzioni pubbliche da decine di miliardi. Se Trump chiude i rubinetti, finisce tutto. Musk lo sa, e reagisce come gli viene istintivo: attacca, minaccia, posta in maniera bulimica. Tuttavia, anche lui ha delle carte in mano. Proprio attraverso il DOGE ha avuto accesso a dati di ogni tipo su chiunque, e Dio solo sa quanti scheletri nell'armadio ha scoperto su Donald Trump, chi gli sta vicino e i deputati repubblicani.
Quindi, che succede quando due titani iniziano a ricattarsi? Succede che tremano i loro sostenitori, a partire da chi in questa alleanza tossica aveva investito potere, soldi e ideologia. Succede che iniziano a fischiare le orecchie anche a Peter Thiel, che già muove i fili per ricomporre la frattura. Lui, che più di tutti ha troppo da perdere.
“La Wrestlemania delle faide online, senza un reale vincitore”
di Emanuele Monaco
Soltanto qualche ora prima Trump accusava senza vergogna Russia e Ucraina di comportarsi come bambini che litigano nel parco. Poi abbiamo assistito allo svolgersi della trama di Mean Girls in tempo reale.
Difficile capire chi sia Regina e chi Janis, ma bisogna dire che il crollo in diretta social del legame tra i due ha un che di spettacolare che solo personaggi come Musk e Trump potevano regalare. Ognuno dal suo social di proprietà, hanno scatenato una guerra di dispetti e cattiverie, con Regina – ehm… Musk – che svela di avere accesso al libro rosa e Trump che in risposta minaccia di chiudere i rubinetti delle prebende pubbliche. Il pubblico osserva con i popcorn in mano, commentando, ridendo di fronte all’epica battaglia per il titolo di reginetta.
La Wrestlemania delle faide online, senza un reale vincitore. Ma vincere, come tra l’altro ci insegna Mean Girls, è raramente l’obiettivo. Anche perché, se proprio l’uomo più ricco del mondo si volesse scontrare con l’uomo più potente del mondo, difficilmente il primo avrebbe la meglio, soprattutto dopo aver aiutato l’altro a demolire ogni contrappeso costituzionale. Ovviamente, neanche il secondo ne uscirebbe senza colpi. Il punto di darsela di santa ragione sui social è l’intrattenimento (sia dei propri fan sia degli osservatori), l’appropriazione di territorio sociale, l’imporre ai propri seguaci una linea, chi è in e chi è out, chi odiamo e chi amiamo.
Se poi si farà pace (magari con Peter Thiel come mediatore), si passerà ad altro. I social hanno trasformato le interazioni tra esseri umani in uno stabile ed endemico continuo di faide di carattere quasi feudale, con le risposte ai tweet/truth dei capi che diventano campi di battaglia tra seguaci, oltre che redditizio mercato per gli inserzionisti, con il retweet da parte del leader come momento di affermazione e arrivo della scalata.
Il fatto che la scenetta indegna dell’altro giorno fosse esattamente lo spettacolo che tutti ci aspettassimo, andando anche oltre le aspettative di chi, come me, ha assistito con i popcorn in mano, conferma che siamo tutti parte del problema.
“Seppur sia parzialmente vero che Trump siede sul trono grazie ai soldi di Musk, la conclusione da trarre è che Icaro è volato un po’ troppo vicino al sole”
di Laura Gaspari
Il “divorzio” tra Donald Trump ed Elon Musk causato dalla Big Beautiful Bill è stato tanto scioccante quanto preannunciato. E divertente, almeno per me. Tuttavia, lavata via la patina memetica del momento surreale fatto di accuse, minacce, rivelazioni bomba che sono più segreti di Pulcinella e un’inaspettata mediazione di Kanye West, quello che rimane è l’imbarazzo e la pateticità di due bambinoni troppo cresciuti.
Da un lato, l’uomo più potente del mondo, circondato dal suo cerchio magico, che non sopporta minimamente di essere messo in secondo piano; dall’altro, l’uomo più ricco del mondo, un esuberante pagliaccio con una voglia matta di scalare e arrivare al potere nelle mani di Trump. Seppur sia parzialmente vero che Trump siede sul trono grazie ai soldi di Musk, la conclusione da trarre è che Icaro è volato un po’ troppo vicino al sole.
Ora Musk è persona non grata. Perché questo succede a chi contraddice o scavalca il Re. Musk se n’è parzialmente accorto quando ha ritrattato le sparate sul dismettere la Dragon, la navicella di SpaceX che si occupa di portare gli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale, o quando ha cancellato il post sugli Epstein files. Trump e le sue truppe cammellate ruggiscono più forte, abituati a usare mezzucci mafiosi per minacciare concorrenti e nemici. E non vedevano l’ora di levarselo di torno, oserei dire. Quasi mi viene da pensare che non aspettassero altro che un passo falso, seguendo l’onda di quell’articolo del New York Times sul suo consumo di ketamina, un altro pazzesco segreto di Pulcinella che non ci aspettavamo minimamente.
Musk però è abbastanza folle da non mollare, diventare un eroe anti-Trump e fondare il suo partito (annunciato, con un nome molto originale, The America Party) e magari corteggiare i dem, che spero non siano così stupidi da cascarci, soprattutto dopo tutto lo schifo che ha combinato con il DOGE – che è illegale –, tutti i soldi che ha sprecato e tutte le vite che ha mandato al macero.
“Un divorzio che però non è una cattiva notizia per la democrazia americana”
di Matteo Muzio
Un divorzio che era solo questione di tempo, quello tra Musk e Trump. Non soltanto perché difficilmente due ego di tal fatta riescono a convivere a lungo, ma anche perché gli obiettivi che i due protagonisti di questa patetica baruffa trasmessa per via social avevano erano di fatto divergenti. Musk si aspettava una trasformazione in senso anarco-tecnocratico dello Stato, applicando una spietata meritocrazia senza correttivi di sorta dove i più poveri venivano sacrificati ai fini più alti di un'élite autonominatasi quale illuminata, che invece appare sempre più come un gruppo di sociopatici sovente alterati dall'uso di droghe. Il Presidente, invece, intende usare la sua permanenza alla Casa Bianca per due fini principali. Da un lato, la vendetta nei confronti dei suoi percepiti nemici, da attuarsi con una politicizzazione esasperata delle strutture del governo federale. Dall'altro, un arricchimento personale da realizzare attraverso una corruzione di massa con cui gli attori economici devono inchinarsi al potere del Presidente usando strumenti poco trasparenti, come alcuni tipi di criptovalute. Un divorzio che però non è una cattiva notizia per la democrazia americana. Il trumpismo perde in questo modo una delle sue armi, che ora non esiste più: a inizio mandato, il Presidente aveva minacciato i dissidenti del Partito Repubblicano di mandar loro contro degli avversari più fedeli, finanziati dallo stesso Musk. Senza l’unione del potere politico di Trump con quello economico del proprietario di Tesla, la svolta autoritaria statunitense, pur rimanendo una possibilità concreta, diventa più difficile da realizzarsi.