#16 Brainstorm - L'imbarazzante incontro tra Trump e Zelensky, prima parte
Nello Studio Ovale sono volati gli stracci tra il Presidente ucraino e quello americano. Ne parlano Giacomo Stiffan, Enrica Nicoli Aldini e Lorenzo Tronfi
Perché guardare gli Stati Uniti dal buco della serratura? Quando serve una chiave di lettura la trovi su Brainstorm, la rubrica di Jefferson che raccoglie le opinioni della redazione sui fatti americani. A cura del vicedirettore Giacomo Stiffan.
È stato uno dei momenti più bassi della storia diplomatica degli Stati Uniti d’America. In favore di telecamere, due capi di Stato (e un vice, JD Vance) hanno litigato in diretta mondiale. È stato un terremoto in redazione, per cui abbiamo deciso di dividere in più parti l’argomento.
Ecco la prima parte con le opinioni di Giacomo Stiffan, Enrica Nicoli Aldini e Lorenzo Tronfi.
“Si è trattato di un plotone d’esecuzione. Un’esecuzione mafiosa, per la precisione”
di Giacomo Stiffan
Trump e Vance, che è il vero artefice della lite, hanno messo in piedi questo teatrino perché nella loro testa l’Ucraina è un servo da ridurre all’obbedienza, o un capro espiatorio. Se Zelensky si fosse piegato, Trump avrebbe avuto mano libera per spartirsi l’Ucraina con Putin, alla Molotov-Ribbentrop. Se si fosse ribellato, avrebbe potuto dare la colpa all’Ucraina per la pace non raggiunta. Un gioco win-win, nella sua testa. Dopotutto, Putin è altrettanto irremovibile ma non viene trattato a pesci in faccia allo stesso modo. Due pesi e due misure, non certo il comportamento di chi vuole porsi a metà strada tra i due contendenti come sostiene Trump.
Si è trattato di un plotone d’esecuzione. Un’esecuzione mafiosa, per la precisione. In apertura Brian Glenn, il propagandista preferito di Trump (non riesco a chiamarlo giornalista), ha sfottuto Zelensky chiedendogli perché non indossasse un abito formale, tra le risate dei presenti e soprattutto di Vance, che non ha mostrato un briciolo di sorpresa per una domanda che in nessun consesso diplomatico sarebbe ritenuta accettabile. È stato un evidente – e con il senno di poi oserei dire goffo – modo per mettere a disagio Zelensky che, a quel punto, aveva probabilmente capito l’antifona. Nel momento in cui Vance ha lanciato la bomba Zelensky ha ribattuto, e a quel punto è intervenuto Trump. Una dinamica animale, da branco: Zelensky era letteralmente circondato, nella tana del lupo, costretto a dibattere in una lingua straniera senza traduttore. Era probabilmente pianificato.
Tuttavia, Zelensky non ha mostrato debolezza, bensì dignità e una discreta capacità di autocontrollo. Rinchiuso nelle sue braccia incrociate non avrà risposto nella maniera più furba, ma ha retto. Un debole avrebbe baciato la suola dello stivale; una persona normale li avrebbe mandati a quel paese e se ne sarebbe andata. Zelensky ha ribattuto e tutto sommato ha tenuto la schiena ben dritta, che era quello che contava.
Quanto a Trump, che è noto per la tattica escalate to de-escalate (ne parlo nel Carteggio in uscita martedì), qui l’ha portata agli estremi mussoliniani – o maoisti, l’autoritarismo non ha colore – del “punirne uno per educare cento". Nella convinzione di farne un esempio, ha provato a schiacciare proprio quella persona e quel popolo che non si sono fatti schiacciare nemmeno da un dittatore sanguinario del calibro di Vladimir Putin. Un errore da principiante: tutte le principali cancellerie europee, con la sola vergognosa eccezione di quella italiana, hanno fatto quadrato intorno a Zelensky.
Trump e Vance hanno dimostrato la loro inadeguatezza come mediatori e come rappresentanti delle istituzioni. Soprattutto Vance, un parvenu che non conosce l’etichetta diplomatica e ha un complesso d’inferiorità nei confronti di Musk tale che ha avuto bisogno del suo momento da Karen, pur di finire sui giornali. Quel suka blyat sganciato da Zelensky se l'è meritato tutto.
“Zelensky deve diventare paradigma di un cambio di atteggiamento nei confronti degli Stati Uniti”
di Enrica Nicoli Aldini
Riguardavo per la terza volta il video di quella che la stampa definisce l’umiliazione di Zelensky – in realtà, l’unica vera umiliazione è quella autoinflittasi da Trump e Vance con il loro bullismo da corridoio di scuola – quando sullo schermo del cellulare è comparso un messaggio di mia suocera americana.
“Che schifo di scena oggi”, ha scritto in inglese, con l’emoji della faccina che vomita. “Quando finirà questo incubo? Trump e Vance sono un abominio”.
Ho risposto rincarando la dose, poi ho aggiunto: “Se solo l’Europa avesse preso le redini della situazione durante la prima amministrazione Trump, quando i nostri governi erano più solidi. Ora non più tanto. Ma l’Europa deve farsi avanti per la leadership globale”.
Che mia suocera fosse vigorosamente anti-Trump non c’erano dubbi. Che si aprisse come mai prima alla possibilità di rinunciare alla leadership statunitense nel mondo, da americana nata e cresciuta a pane e propaganda atlantica, è stata invece una sorpresa e un segno del terremoto esistenziale che sta colpendo gli Stati Uniti.
“L’Europa non ha scelta, deve farsi avanti. Sono nauseata”, ha risposto.
Parliamoci chiaro: la postura da eccezionalismo americano nel mondo ha sempre avuto il sapore dell’arroganza, chiunque ne fosse il portavoce dallo Studio Ovale. La prepotenza di Trump e Vance con Zelensky è la dimostrazione di quanto accade quando a farsene portavoce sono persone fondamentalmente cattive. Quando queste dicono che vogliono mettere “l’America al primo posto”, intendono che la politica interna sarà in cima alle priorità; ma lo scontro con Zelensky non lascia dubbi sul fatto che Trump non ha intenzione di isolare del tutto l’America dal resto del mondo, anzi. Vuole rimanere in vetta vivendo di rendita della reputazione guadagnata, con diplomazia e democrazia, dai suoi predecessori. Maestro di intimidazione, pretende con violenza che l’autorità degli Stati Uniti venga riconosciuta come se nulla fosse cambiato da ottant’anni a questa parte.
Finora, i leader mondiali sono stati al gioco. La reverenza del primo ministro britannico Keir Starmer durante la recente visita alla Casa Bianca è la posizione di default, perché rischia meno di provocare la bestia che siede nello Studio Ovale.
Volodymyr Zelensky, invece, ha capito che è ora di pensare un po’ di meno a chi erano gli Stati Uniti ieri, e un po’ di più a chi sono oggi. È ora di smettere di modellare il proprio comportamento su un’immagine felice ma non più pertinente. Non è facile, tant’è che anche voci anti-MAGA hanno criticato Zelensky come “poco diplomatico”: l’idea di svegliare il cane statunitense che dorme ci mette a disagio.
Impariamo a farci l’abitudine. Zelensky deve diventare paradigma di un cambio di atteggiamento nei confronti degli Stati Uniti. Non c’è più nessuna autorità americana da riverire, negli Stati Uniti di Donald Trump. È ora che le azioni dell’Unione europea e del resto del mondo si adeguino ai tempi che corrono.
“Americani, la vostra bussola morale è così stravolta da non riconoscere che il comportamento di Trump e Vance è, prima ancora che stupido, indecente?”
di Lorenzo Tronfi
L’imbarazzante, stupido, immorale incontro alla Casa Bianca del 28 febbraio rimarrà come uno dei momenti più bassi della storia americana. Una puntata di The Apprentice fuori stagione con il chiaro obiettivo di “licenziare” il presidente Zelensky ha infranto le già basse aspettative che persone con un minimo di decenza avevano per questa amministrazione. La bancarotta morale di Presidente e Vice di una nazione prospera e in pace che tentano di bullizzare il Presidente di un Paese invaso (e che resiste da tre anni all’aggressione di un tiranno) non solo era in mostra: è stata pure rivendicata con orgoglio nelle ore successive. È proprio vero che, una volta toccato il fondo, si può sempre iniziare a scavare.
Non so se gli ucraini decideranno che sia il caso che il loro Presidente si faccia da parte nel tentativo di lisciare le piume arruffate del mafiosetto (spero di no); non so se gli europei riusciranno a mettersi d’accordo per sopperire almeno in parte alla mancanza di aiuti che il Don della Casa Bianca si rifiuterà di mandare (spero di sì); non so tante cose. Sono un semplice padre di due bambini che ha sempre amato l’America e quello che, in modo imperfetto e con sbagli anche terribili, cercava di rappresentare.
Ho qualche domanda per gli americani: c'è qualcuno che si ricorda e ammira i 262 soldati del Minnesota che caricarono un’intera brigata durante la battaglia di Gettysburg per impedire ai confederati di spezzare le linee dell’Unione? Troppo polemico citare la guerra civile, forse. D’accordo, provo con altri esempi: nell’attuale immaginario collettivo, il battaglione perduto delle Argonne nel 1918 avrebbe dovuto arrendersi invece di resistere, giusto? “There's nothing in it for them”, parola di Bone Spurs. Che imbecille pure Marshall e il suo piano post bellico, giusto? Avrebbe dovuto mettere America First e lasciare al loro destino i Paesi europei distrutti dalla guerra; dopotutto, alla Casa Bianca c’è di nuovo un ominicchio (eletto) che trova corretto chiudere per ripicca un programma di sostegno alla rete elettrica ucraina (cioè trova corretto vendicarsi sulla popolazione civile, per dirla fuori dai denti) perché il suo sogno di avere un premio Nobel per la Pace come Obama sta svanendo. E con che coraggio Reagan andava a Berlino dicendo: “Mr Gorbacev, tear down this wall”? Non lo sapeva che rischiava la guerra mondiale, provocando così i sovietici? Sicuramente poteva farci affari, con tutte quelle belle risorse che c’erano in URSS.
Americani, la vostra bussola morale è così stravolta da non riconoscere che il comportamento di Trump e Vance è, prima ancora che stupido, indecente? Reagite, o continuate a reagire se già lo state facendo. State al fianco di chi combatte per la sopravvivenza di fronte a un tentativo di genocidio, ricordate chi siete.