Jefferson, Telegramma n°1 📯: rapporto dal New Hampshire
"The Secretary of the navy will take immediate measures for procuring from London 100 telescopes of about ten guinea price for the establishment of Telegraphs". Lettera a Henry Dearborn, 29 luglio 1807 I democratici alla prova del New Hampshire
Buon mercoledì a tutti i lettori di Jefferson! Sperimentiamo per la prima volta il formato nuovo della lettera, il cosiddetto telegramma. Anche se i telegrammi sono stati introdotti da Samuel Morse nel 1844 (e la presidenza li avrebbe scoperti qualche anno dopo), questa newsletter è proiettata nel futuro. Così come lo era Thomas Jefferson, il quale era molto interessato agli sviluppi delle comunicazioni, anche da presidente, come testimonia la citazione di oggi, tratta da una lettera inviata al segretario alla guerra Dearborn sull'acquisto di cento telegrafi ottici. In quegli stessi anni un deputato del partito del presidente, Jonathan Grout, costruì il primo sistema di comunicazione ottica negli Stati Uniti, che comunicava le notizie sulle navi in entrata nel porto di Boston fino a Martha's Vineyard. Quindi, in questo telegramma, troverete le notizie calde su quanto è appena accaduto nella politica americana, in questo caso le primarie democratiche in New Hampshire. Si salta lo Sciroppo d'Acero, che non c'è tempo per fare colazione, ma rimane tempo per la nostra rassegna "a lume di candela". E allora partiamo, ma prima rispondiamo alla domanda che in molti ci hanno fatto via mail: "Ma come funzionano le primarie americane?". Il nostro collaboratore Emanuele Monaco ha scritto una breve guida. Eccola.
Tutto quello che avreste voluto sapere sulle primarie (e nessuno ha mai osato dirvi)
Primarie chiuse, aperte, semi-chiuse, caucuses, registrazione di elettori in base al partito, polemiche per l’esclusione di interi gruppi sociali o razziali… In tempo di primarie americane è facile perdere il conto delle leggi, clausole e stranezze statali e federali che vanno a regolare il processo di selezione di candidati più seguito al mondo. In Italia è ancora più immediato associarlo all’unico corrispettivo che conosciamo, le primarie del Democratic Party. Ma per ragioni storiche, politiche e legali i due processi condividono solo il nome.
Quindi, come si fa a votare per le elezioni primarie negli Stati Uniti?
Prima di tutto chiunque voglia votare, per qualsiasi tipo di elezione, comprese le primarie, ha bisogno di registrarsi, di persona (anche alla motorizzazione) o per posta, con questo modulo. In Italia, come in tanti altri paesi, i cittadini maggiorenni vengono automaticamente iscritti nelle liste elettorali. Da noi l’ufficio del comune di residenza invia automaticamente la scheda che certifica il diritto di voto in quel territorio. Negli Stati Uniti la volontà di votare deve essere invece espressa, e rinnovata ogni volta che i propri dati cambiano.
Al punto 7 del modulo c’è una richiesta che a noi può sembrare strana. Si chiede di scegliere un partito di affiliazione. Si può scrivere Partito Democratico, Repubblicano, Indipendente o No-Party. Ciò riflette la progressiva istituzionalizzazione del sistema bipartitico negli Stati Uniti, che non è in Costituzione, ma che ormai definisce il modello democratico americano. Di questo fanno parte anche le primarie, una modalità di selezione che esiste in alcuni stati dai primi decenni del ‘900 e che è stata adottata a livello nazionale solo negli anni ‘70 (soprattutto dopo il caos della convention democratica del 1968). Di conseguenza, scegliere oggi il partito di affiliazione serve soprattutto a garantirsi il diritto di votare alle primarie del proprio partito. Questo però non in tutti gli Stati. Visto che questo tipo di elezione è regolato e gestito dal singolo stato o dal comitato locale del partito (come nel caso dei caucus), ogni territorio ha regole diverse riguardo le scadenze e i requisiti per registrarsi (per le specifiche di ogni stato, andate a pagina 8 del modulo di registrazione). Ogni stato decide anche quando, come e in che modo tenere le elezioni.
Per esempio, il New Hampshire ha delle leggi molto precise, alcune bizzarre. Le primarie (quest'anno hanno compiuto cent'anni nella forma attuale: auguri!) devono essere tenute il secondo martedì di marzo, o, come nel 2020, sette giorni prima qualsiasi altra elezione primaria (quindi non caucus) tenuta in altro stato. Questo per mantenere lo status di “prime” primarie del paese, storicamente un vero test di tenuta per i candidati insieme ai caucus dell’Iowa, anche se con pochi delegati in palio. Queste elezioni sono particolari perché “semi-closed”. Possono votare infatti non solo gli elettori registrati e affiliati al partito, ma anche coloro che non hanno indicato affiliazione, rendendo queste primarie un test di tenuta dei candidati tra l’elettorato indipendente. Ecco una mappa di tutti gli stati che spiega come si fa:
Ed eccoci ai risultati del Granite State, dove Bernie Sanders ha prevalso, con un margine minore del previsto, sull'ex sindaco di South Bend (Indiana) Pete Buttigieg. Vediamo come.
New Hampshire: vince Sanders (di poco)
Non è stata lunghissima la battaglia nel Granite State (a proposito, qui trovate il motivo per cui si chiama così), schiacciata dal disastro dell'Iowa, dove ancora non è stato proclamato un vincitore. Ma ci si aspettava un riscontro positivo per il senatore Bernie Sanders, che secondo i risultati preliminari avrebbe perso di misura il confronto con Pete Buttigieg. Che c'è stato, anche se di poco superiore a un punto (il 25,7% circa contro il 24,4% dell'ex sindaco di South Bend. Qui il collegamento per seguire tutti gli aggiornamenti in tempo reale). Ma l'esponente socialista ha subito un brusco calo rispetto a 4 anni fa, quando prese un sonoro 60,14%, stracciando Hillary Clinton. Anche a voler considerare che quest'anno non siamo in presenza di una corsa a due, la somma dei candidati provenienti dall'area di sinistra, includendo anche la non esattamente progressista Tulsi Gabbard, si arriva a poco meno del 40%, mentre Buttigieg, sommato agli altri due esponenti del fronte liberal come l'ex vicepresidente Joe Biden e la senatrice del Minnesota Amy Klobuchar arriviamo al 52% circa. Secondo gli exit poll della Cnn, c'entrano molti fattori. Noi qui ne analizzeremo un paio, a partire dalla domanda: preferisci un candidato che sia d'accordo con te sulle questioni chiave oppure che sia in grado di battere Donald Trump? Ecco la risposta:
La cosa più importante dunque, per un vasto segmento di elettorato, è battere Trump ad ogni costo (e come dice un'altro exit poll, l'81% degli elettori dem del New Hampshire è "arrabbiato" per la presidenza Trump, a cui alcuni preferirebbero l'estinzione umana). Ma c'è anche un secondo dato che ci aiuta a comprendere come mai Sanders abbia vinto di così stretta misura, ed è quello che riguarda l'orientamento ideologico dei votanti:
Poco meno del 40% del campione quindi non si riconoscerebbe per nulla nelle battaglie progressiste di Sanders, un candidato quindi non in grado di conquistare la maggioranza dei voti (E un sondaggio nazionale conferma questa ipotesi). Ma non solo. Sanders avrebbe conquistato in toto solo il segmento dei "molto liberal", con solo un'esigua minoranza di quelli "abbastanza liberal" che ha scelto il senatore socialista. Infine l'affluenza è stata superiore a quella del 2016, vicina ai livelli del 2008 e questo dovrebbe far ben sperare per il mantenimento dello stato nella colonnina dem a novembre. Ma c'è una singola questione su cui chi si è recato alle urne concorda con "Bernie": si tratta del Medicare for All, la proposta di rendere pubblico l'intero sistema sanitario americano: il 58% degli intervistati. vorrebbe che questa legge venisse approvata. Comprensibile, dato che lo stato è ancora "un covo infestato dagli oppioidi", come dichiarò Donald Trump nel 2016. E il problema della dipendenza da sostanze come il Fentanyl è ancora lungi dall'essere risolto. Una menzione infine per la senatrice Amy Klobuchar, che ha raggiunto il 20% dei consensi, con poche risorse a disposizione. Questa divisione per il fronte moderato quindi è la miglior garanzia per la continuazione della campagna di Bernie Sanders, che nonostante i punti deboli fin qui evidenziati rimane il front runner, con ottime possibilità di conquistare degli stati nelle prossime settimane, grazie a un fronte centrista che, per quanto maggioritario, rimane molto diviso. Anche dopo il ritiro dell'imprenditore californiano Andrew Yang e del senatore del Colorado Michael Bennett, e presto potrebbe arrivare anche quello di Deval Patrick. Da dimenticare la performance di Joe Biden: in tre corse presidenziali (1988, 2008, 2020) non ha mai vinto un singolo stato alle primarie.
Post scriptum:
Nelle prime elezioni primarie del 1952 il presidente in carica, il democratico Harry Truman, venne sconfitto dal senatore Estes Kefauver, un populista del Sud, per 52% a 36% circa. Grazie a questa sconfitta decise di non ricandidarsi per un nuovo mandato. Alla fine la nomination andò al governatore dell'Illinois Adlai Stevenson, sconfitto dal repubblicano Dwight Eisenhower.
A lume di candela: letture per approfondire.
Uno strano contractor per i servizi segreti di tutto il mondo: la Cia. La Cripto AG era un'azienda americana. che costruiva macchine per produrre e decifrare codici per trasmettere informazioni secretate. Per anni ha avuto come clienti paesi di tutto il mondo, tra cui la Svizzera neutrale. Quello che il governo di Berna non sapeva, è che gli asset dell'azienda erano di uno strano proprietario: la Cia. Che attraverso le device era in grado di leggere tutte le comunicazioni a sua insaputa. Il Washington Post racconta questa storia incredibile di spionaggio decennale.
"Ho servito alla base K2 in Uzbekistan. Ho il cancro". L'agenzia di stampa McClatchyDC ha ottenuto documenti esplosivi partendo dalle testimonianze di alcuni veterani della guerra in Afghanistan raccolte su un gruppo Facebook. Avevano una cosa in comune: avevano servito nella base K2 in Uzbekistan dal 2001 al 2005, quando il governo di Tashkent ritirò l'autorizzazione. In quel sito, secondo i documenti raccolti, sarebbe diventato irrimediabilmente inquinato durante l'epoca sovietica per l'arricchimento dell'uranio e per i rifiuti chimici lì sepolti. Qui l'inchiesta.
Bloomberg? Totalmente razzista! Parola di Trump. L'ex sindaco di New York Michael Bloomberg, che ha rinnegato la sua politica di "perquisizione preventiva" indirizzata sulle minoranze razziali qualche mese fa, adesso si trova a dover difendere una sua dichiarazione di qualche anno fa tenuta a un convegno dell'Aspen Institute, dove diceva "puoi fotocopiare l'identikit degli autori degli omicidi e mandarli alla polizia: giovani dai 16 ai 25 anni. A New York è così. E lo è anche nelle altre città". Già nel 2015 aveva fatto bloccare la diffusione dell'audio. In un tweet il presidente Trump lo ha definito "totalmente razzista", ma poi ha cancellato il post. La storia viene spiegata bene su Politico, con tanto di implicazioni sulle primarie (al momento però Bloomberg ha conquistato tre nuovi endorsement provenienti dalle fila del Congressional Black Caucus, nonostante tutto).
L'assalto del Dipartimento di Giustizia alle "Città-Santuario". Il Procuratore Generale William Barr ha annunciato una serie di sanzioni e di ricorsi contro le città che fanno da "santuario" per gli immigrati illegali. Uno scontro senza precedenti che rischia di minare il delicato equilibrio federale degli Stati Uniti d'America. Su Fox News il resoconto completo del piano di Barr per piegare le istituzioni riluttanti ad applicare la politica migratoria di Donald Trump.
Quando un presidente fa lo scrittore... Sul New York Times c'è un'intervista allo scrittore Craig Fehrman, autore di un libro sui presidenti autori di libri, tra i quali c'è il nostro Jefferson, ma non solo. I libri scritti, prima, dopo o durante la presidenza, a volte sono il tentativo di consolidare la propria eredità politica. Altre volte sono fatti con sincera ambizione letteraria, come nel caso di Barack Obama.
... e altre volte vuole fare l'architetto. Ma anche Trump, come Obama, vuole avere in comune qualcosa con Thomas Jefferson. In questo caso lo stile architettonico neoclassico. Basta con tutto quel razionalismo! Ma è una cosa buona. Secondo l'Architectural Record (e gli architetti americani) no.
Così finisce l'eredità di Reagan. Per mano della destra nazionalista. A un convegno organizzato dalla Burke Foundation (!!!) i leader della destra nazionalista europea e non solo hanno celebrato Ronald Reagan, e Giovanni Paolo II come "padri della libertà delle nazioni". Ma entrambi erano fautori di quelle democrazie liberali che leader come Viktor Orban e Marine Le Pen disprezzano nel profondo. Lo scrive su The Atlantic la storica d'orientamento conservatore Ann Applebaum.
Trump si crede un imperatore. Ma può ancora essere sconfitto. I senatori, scagionando il presidente Trump nel processo d'impeachment, è come se l'avessero incoronato come imperatore. E con il licenziamento dei fratelli Vindman e dell'ambasciatore Gordon Sondland, si sta comportando come tale. Ma non lo è. E i democratici possono sconfiggerlo. L'opinione di Niall Ferguson, ex sostenitore del presidente, pubblicata sul Boston Globe.